Appartamento a “luci rosse”: una condanna e un’assoluzione. A processo una coppia con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. Un anno e 6 mesi per la donna, assolto il marito
Era maggio di tre anni fa quando i carabinieri, su sollecitazione di alcuni residenti di un palazzo di Novara, che avevano ripetutamente segnalato lo strano andirivieni di persone in un appartamento, si presentarono e trovarono “al lavoro” un transessuale e una donna di nazionalità colombiana. Dalle indagini emerse che quell’appartamento era stato preso in affitto da una coppia vercellese, quarant’anni lui, italiano, una trentina lei, di origini dominicane; i due sono finiti a processo con l’accusa di sfruttamento della prostituzione, in quanto, stando al teorema accusatorio, avevano dato la disponibilità (al transessuale e alla donna colombiana) di una stanza per “incontri” in cambio del pagamento di metà dell’affitto dell’intero alloggio. Ascoltata in aula la donna colombiana aveva teso a sminuire i fatti raccontando che la donna (l’imputata) era una sua amica e aveva dato la possibilità di incontrarsi in quell’appartamento con un amico, con il quale in quegli anni aveva una relazione; una relazione, ovviamente, clandestina, che doveva necessariamente tenere nascosta ai suoi familiari. Ma per l’accusa, nel corso dell’istruttoria, “è emersa ed è stata delineata l’attività di locazione e sub locazione e provata l’attività di sfruttamento della prostituzione”; per questo il pubblico ministero aveva chiesto la condanna di entrambi a 2 anni e mezzo di reclusione. Oggi (martedì 12) la sentenza: condannata la donna, a un anno e mezzo, assolto il marito. Scontato l’appello.