Nel ventennale dalla morte di Lucio Battisti, l’avvocato novarese Antonio Costa Barbè, ci regala un originale ricordo che parte da un autografo strappato nel 1969, prima di un famoso concerto al Kursaal Margherita di Varazze.
“Lo vidi per la prima volta al pomeriggio, era seduto ai tavolini del Kursaal Margherita che davano sul mare, sulla spiaggia, era l’estate del 1969 e mi trovavo in vacanza a Varazze, dove alla sera avrebbe dovuto cantare”. Il soggetto è Lucio Battisti, il ricordo è firmato Antonio Costa Barbè. L’avvocato più “rhythm & blues” di Novara, estrapola dai suoi ricordi frammenti di vita vissuta che ci aiutano a celebrare una delle voci più amate dagli “anta” in occasione del ventennale dalla scomparsa che ricorre in questi giorni. Un ricordo divenuto indelebile grazie ad una penna difettosa e ad un foglietto strappato da un taccuino per le ordinazioni del bar.
“Lo avvicinai la sera verso le undici – ricorda Costa Barbè – noi eravamo tutti lì seduti a un tavolo e quando lo notammo qualcuno mi sgomitò dicendo: ‘Vai a chiedergli l’autografo’ forse incaricarono me perché mi consideravano il più qualificato, gli amici sapevano che io preferivo la musica al pallone e alle moto”.
Erano i tempi di ‘Un’avventura’ cantata a San Remo, e pure se colui che sarebbe diventato l’avvocato pianista blues più noto a Novara, non amasse particolarmente il genere, si avvicinò a quel divo riccioluto che insieme a Mogol, firmò pagine di italico pop, capaci di collegarsi a momenti di vita e sentimenti, che ancora oggi ritornano per chiunque sia stato ragazzo negli anni 70′ e 80′. “Mi avvicinai a lui e calcai un po’ la mano, ma non insinceramente – spiega Costa Barbè – intanto dicendogli che come cantante era molto bravo – questo per la questione della sua voce o non voce che allora era molto dibattuta – e lui mi ringraziò. Poi dissi che come compositore era eccezionale e calcai sulla doppia zeta. Lui sorrise e ringraziò ancora”. E’ a quel punto che il momento si fissa per sempre, sotto forma di epigrafe su sfondo a quadretti. “Non ricordo se dopo glielo chiesi o lo capì da solo, fatto sta che prese uno dei blocchetti che erano lì nel bar e sul tavolino mi vergò l’autografo. Tra l’altro la penna non scriveva, così fece una elle con due tratti. Quell’autografo è stato riprodotto sul libro di Tullio Lauro e Leo Turrini ‘Emozioni – Lucio Battisti vita mito note’ – Zeling editore, 1995. E’ comparso anche su un poster di ‘Oggi’ e sul ‘Corriere Della Sera’, quando era venuta fuori quella vicenda di non so chi avesse messo in palio su internet un altro autografo”.
E il concerto al Kursaal Margherita? Per un raffinato come il nostro avvocato pianista andò anche bene, prima di Lucio Battisti si esibirono i Formula Tre e “com’è scritto su ‘Pensieri e parole – Una discografia commentata’ Tarab 1996 di Luciano Ceri’; Lucio fece tutte le canzoni del primo album, ma il sound era completamente diverso dalle versioni da studio, perché era ridotto all’osso e in più dal vivo era piuttosto incerto, forse anche per mancanza di esercizio visto che era agli inizi”.
Antonio Costa Barbè addirittura rammenta come il giorno dopo molti spettatori si lamentarono “un po’ brutalizzato” e il papà di una sua amica si spinse a dire che “quando pago voglio assistere a uno spettacolo che mi dia soddisfazione – in realtà per Costa Barbè che aveva 15 anni “fu colpito dal troppo rumore, dalla voce non particolarmente educata e dal genere non esattamente melodico di Battisti”.
Due anni dopo Varazze, Costa Barbè rivide ‘Pensieri e parole’ al Teatro 10 e rimase scioccato dalla presentazione televisiva con lo split-screen. “Ricordo che proprio in quei giorni i Fuochi Fatui ed io stavamo mettendo su uno spettacolo alla Borsa per beneficenza, e ricordo anche che ne faceva parte pure Maria Rosa Cattaneo, la nipote di Oscar Luigi Scalfaro (presente come spettatrice) e noi facemmo parecchi brani tra cui ‘Insieme’ e ‘Yesterday’ io al piano e lei voce; poi, dato che ero rimasto folgorato da ‘Pensieri e parole’, la cantai con il gruppo assieme al mio bassista Enzo Provvidone che faceva la seconda voce” e a quanto pare, pur messa su all’improvviso, fu un grandissimo successo, malgrado i testi “tirati giù senza capire bene come s’intersecassero. Poi uscì il 45 giri e un paio di giorni prima dello spettacolo anche lo spartito. Solo allora capimmo il passaggio ‘che ne sai di un amore israelita’, che noi credevamo fosse ‘che ne sai di un amore in salita’(!!)”.
Prima della morte di Lucio, avvenuta nel settembre 1998, Antonio Costà Barbè ha cercato di contattarlo spedendogli anche una lettera e una audiocassetta auto prodotta. “Ovviamente lui non mi ha mai risposto: chissà se l’ha ascoltata o no. Non persi mai la speranza di potere essere ricevuto da lui”. Una specie di messaggio in bottiglia che non arriva mai a destinazione, un po’ come le canzoni di Battisti, capaci di farci bucare spazi temporali e andare avanti e indietro nel tempo fra i momenti, esperienze e sentimenti, rimasti intrappolati fra quegli indelebili righi musicali e in uno scarabocchio a biro su un foglietto a quadretti scritto una sera a Varazze, sopra il tavolino di un bar.