“Scambio” di soldi con truffa e pistola, il pm chiede 4 anni e mezzo. Commerciante alessandrino raggirato con la scusa dello scambio di 100mila euro con 400 milioni. L’appuntamento, con le valigette, al casello di Biandrate. Ma, secondo la vittima, era spuntata una pistola
“Il ruolo dell’imputato nella vicenda, una truffa poi divenuta rapina, è provato; un fatto grave per il danno economico arrecato alla persona offesa”, per questi motivi il pubblico ministero ha concluso con la richiesta di condanna a 4 anni e mezzo di carcere. Sul banco degli imputati R.C., 51 anni ambulante, attualmente detenuto, residente nel novarese ma che per motivi di lavoro frequentava Alessandria. Ed è proprio in quella città che i due, imputato e parte civile, quest’ultimo commerciante alessandrino, si erano conosciuti per tramite di una terza persona, amica di entrambi. Il commerciante aveva venduto la sua attività e, secondo l’accusa, gli era stata balenata la possibilità di realizzare un “affare”, ovvero: scambiare 100mila euro, suoi, con 400 milioni delle vecchie lire, soldi che poi l’alessandrino avrebbe potuto cambiare in una banca ricavandoci il doppio di quanto aveva “investito”. Lui ci aveva creduto e aveva accettato. Il primo incontro in Sardegna poi, quello che avrebbe dovuto essere definitivo con lo scambio delle valigette, una contente i 100mila euro, l’altra con i “presunti” 400 milioni, al casello di Biandrate dell’autostrada Torino-Milano. L’alessandrino parte in macchina con l’attuale imputato e altre due persone, arrivano in zona, fanno parecchi giri nelle campagne di Biandrate poi all’improvviso spunta una pistola e quindi l’allarme “stanno arrivando i carabinieri, scappiamo, scappiamo”. Nella confusione e nella concitazione generale i soldi erano spariti. All’alessandrino, a quel punto, era venuto il sospetto di essere stato truffato ma solo parecchio tempo dopo i fatti aveva sporto denuncia. Erano partite le indagini dei carabinieri che avevano portato al novarese che fu arrestato con l’accusa di rapina. E con quell’accusa è finito a processo davanti al tribunale di Novara. Ma per il difensore “la pistola non c’era” o, quand’anche ci fosse stata, non era stata usata per minacciare l’alessandrino. Nessuna rapina dunque per il difensore, al massimo la truffa che l’imputato avrebbe ammesso, e dunque ha avanzato richiesta di assoluzione. Si torna in aula a luglio per eventuali repliche e sentenza.