Maurizio aveva 15 anni quando, come lui dice sempre, “è cominciata la mia seconda vita”. Maurizio è l’incarnazione di come un fatto tragico possa ottenere quel riscatto necessario a migliorare se stessi e soprattutto a trovare la propria strada.
L’11 novembre 1989, Maurizio stava lavorando come idraulico apprendista: “Terminate le scuole dell’obbligo sono entrato subito nel mondo del lavoro con un forte entusiasmo. Quel giorno, ero nella zona di Como, in un’azienda per svolgere alcune riparazioni. In una delle strutture di quell’impresa, ci hanno segnalato la presenza di umidità. Abbiamo localizzato la perdita, ma sotto il pavimento c’era un accumulo di gas che, durante l’intervento, è esploso”
Psicopedagogista da diversi anni, sono arrivato a laurearmi in pedagogia e psicologia, dopo lunga e tortuosa percorso di riorganizzazione di vita.
Risultato: un morto, un dipendente di 32 anni di quell’azienda, e diversi feriti. Tra loro, anche Maurizio che, dopo quel giorno, ha vissuto per dieci mesi in ospedale, cinque dei quali trascorsi supino, per poi uscirne seduto su una sedia a rotelle: paraplegia da lesione mielica. In buona sostanza: paralisi agli arti inferiori.
“Quel giorno è terminata bruscamente la prima parte della mia vita ed è cambiata in maniera paradigmatica tutta la traiettoria di sviluppo della mia vita. Una volta uscito dall’ospedale, nell’agosto del 1990, sono tornato a casa con questa nuova “compagna”, la mia sedia a rotelle. Quello stesso anno, il Comune si è impegnato a farmi dei test attitudinali per capire quali potenzialità avrei potuto mettere a frutto. Abbiamo puntato in alto… Ho ripreso gli studi di ragioneria, ho lavorato in banca, ma poi mi sono ritirato per tornare all’Università”.
Oggi Maurizio è sposato, ha tre figli e non si sente disabile.
“L’istruzione e la cultura hanno iniziato a risuonare sempre più nelle mie corde e ho scelto consapevolmente l’indirizzo del corso di laurea. Psicologia e pedagogia: sono venute fuori le mie attitudini, maturate non perchè è avvenuto il trauma, ma perchè questo trauma mi ha dato la possibilità, anche economicamente, di fermarmi, sentirmi, ascoltarmi, prendendo decisioni consapevoli. Prima, nonostante l’entusiasmo, sarei stato destinato a morire in una fabbrica. Oggi, invece, sono riuscito a raggiungere molti obiettivi, molti di più di quelli che avrei potuto raggiungere senza l’evento traumatico. Quel famoso 11 novembre 1989 è stato per me una seconda nascita e una scoperta”.
Oggi Maurizio esercita la professione in istituzioni pubbliche e in centri specialistici nel mondo dell’infanzia, nelle scuole e nel campo della formazione.
Ha scritto anche un libro: “Peer counseling della disabilità”, edito da Maggioli. Un percorso storico della sua vita prima, durante e dopo l’incidente, evidenziando quel ponte che lo ha legato alla parte più professionale e riorganizzativa della sua vita. Nel libro, Fratea dà vita anche ad un nuovo dispositivo di aiuto “Peer”, appunto, ossia alla pari: in una relazione di aiuto, la persona che chiede aiuto può migliorare i processi di vita solo se si rapporta con una seconda persona (quella che offre aiuto) che abbia attraversato lo stesso trauma o un trauma simile. Un aiuto reciproco, a parità di dignità e di esperienza.
Oggi Maurizio vive a Giussano. Venerdì, 11 novembre, nell’anniversario della fine della sua prima vita sarà accanto agli studenti del liceo scientifico Antonelli di Novara con un “incontro” che permetterà ai ragazzi di farsi attraversare in parte dalle emozioni che può suscitare un trauma, fermandosi, pensando, facendo esperienza soggettiva per capire più a fondo se stessi e le proprie innate risorse.