Un lumino acceso su un piattino, una statuina del presepe con la Madonna e Gesù Bambino, un’immaginetta, una preghiera stampata, qualche fiore…
Questa mattina in via Scalise, sul ciglio della stradina sterrata che porta agli “orti” dove è stato rinvenuto il corpo di Andrea Gennari, una mano caritatevole ha lasciato queste piccole testimonianze di cordoglio.
A confessare l’omicidio, nella giornata di ieri, Nicola Sansarella, amico di Andrea da tempo: a legarli, oltre la passione per la maglia azzurra e per gli animali, anche il lavoro perchè insieme gestivano il BarH in piazzale Donatello, di cui Sansarella è titolare.
Un luogo di ritrovo abituale per amici e tifosi. Ma per l’omicida probabilmente qualcosa di più, forse quella che poteva essere un’occasione di riscatto: in passato infatti Sansarella si era reso protagonista di diversi episodi violenti, nell’ambiente del tifo calcistico (per questo era stato colpito da diversi Daspo, ovvero i provvedimenti che impediscono a chi si è reso autore di violenze di frequentare gli stadi) ma non solo, anche fuori dallo stadio.
Li accomunava anche l’amore per gli animali, in particolare i cani (Sansarella negli ultimi tempi era anche addestratore, a tempo perso, soprattutto di pit-bull).
“Andrea era la sua parte buona” dicono gli amici, riferendosi alla vittima che viene descritta come un bonaccione, spesso ironico, sempre presente nel momento del bisogno, come quando Sansarella nel 2010 fu aggredito davanti al sua bar e ferito seriamente da un manipolo di picchiatori: Gennari fu uno dei primi ad accorrere. Un legame fortissimo tanto che, racconta chi lo conosceva bene, Andrea si era anche fatto fare un tatuaggio speciale, dedicato all’amico: una scritta, il nome dei figli di Nicola.
“Avresti dato la vita, per lui – scrive su Facebook chi lo conosceva – e lui se l’è presa”.
Sempre pronto e disponibile ad aiutare quell’amico che aveva nel cuore, badando ai suoi cani e talvolta anche ai figli. Un’amicizia molto forte che, chissà per quale banale dinamica, si è rotta lunedì sera.
A causa di un preavviso di Daspo contro l’aggressore, infatti, i due, proprio quella maledetta sera di lunedì, non erano a vedere la partita allo stadio, ma in un bar, a Santa Rita.
Di cosa abbiano discusso in quel drammatico dopo-partita non è dato sapere per ora. Forse di calcio, forse di altro. Saranno gli inquirenti a stabilire le esatte modalità di quanto accaduto, al di là della confessione.
Certo è che la dinamica per ora trapelata è sconvolgente: non da ultimo il particolare che l’omicida abita a qualche centinaio di metri dal luogo in cui è stato ritrovato il corpo del povero Andrea. Difficile credere, stando a quanto si è appreso fino ad ora, che abbia potuto pensare di farla franca in qualche modo. Anche su tali risvolti si sta concentrando in queste ore l’attenzione degli inquirenti.