“Da oggi si cambia registro“: l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Novara, Elia Impaloni, introduce così la nuova gestione del Campo Tav, del dormitorio e delle case di accoglienza, bando vinto dalla Cooperativa Emmaus di don Dino Campiotti (unica partecipante). Si cambia registro nel tentativo di “responsabilizzare gli ospiti” e quindi coinvolgerli attivamente nella gestione del campo e nella manutenzione necessaria, anche se, in realtà, don Dino stesso dichiara “speriamo di arrivare alla fine dei tre anni di durata del bando“. Un compito impegnativo che cuba 300 mila euro l’anno, che impiega 11 dipendenti della cooperativa Emmaus (rispetto ai 16 di prima) e che ha creato qualche tensione evidente anche in sede di presentazione del progetto. Tanti compiti da eseguire, insomma, con meno personale e con una crescente domanda dovuta alle difficoltà del periodo di crisi. Il tutto con l’impresa, non poco ardua, di coinvolgere chi utilizza questi servizi, in modo da “creare una collaborazione e una sinergia che possano giovare agli ambienti in cui si convive“.
Campo Tav
Sono ad oggi 442 le persone che alloggiano nelle “baracche” lasciate in eredità a Novara dalla società che si è occupata dell’Alta Velocità. A fronte delle oltre 500 che occupavano le casette fino a marzo 2015. Con la delibera 80, sono state stabilite regole che hanno alleggerito, anche se non di molto, la popolazione del villaggio. Non ottemperanza del regolamento vigente, avvenute assegnazioni, reddito ecc hanno contribuito allo svuotamento di alcune baracche. Ma rimangono ancora moltissime le persone che vivono in via Da Giussano. “Nei prossimi mesi – spiega l’assessore Impaloni – prevediamo un ulteriore alleggerimento di 70-80 persone“. Gente che oggi vive in alloggi prefabbricati, con un periodo di sopravvivenza che si sta per esaurire. “Per il momento stanno in piedi“, dice Impaloni, ma certamente vanno previsto interventi di manutenzione straordinaria ed un processo di alleggerimento che dovrà essere accelerato fino allo svuotamento totale nel giro di qualche anno, quando, insomma, quelle casette non saranno più occupabili.
Al campo Tav, come da bando, la Emmaus si dovrà occupare di diversi aspetti: la gestione di un centro diurno, i corsi di lingua italiana, i laboratori domenicali e il post scuola, la gestione dell’isola ecologica, impianto di videosorveglianza, il coinvolgimento di almeno 30 ospiti maggiorenni per progetti di volontariato, la manutenzione ordinaria del villaggio, laboratori di taglio e cucito, e, novità, l’offerta di quattro strumenti per facilitare il reinserimento sociale e il recupero dell’autonomia degli ospiti (tirocini, borse lavoro, assunzione, formazione e istruzione).
Dormitorio pubblico
Ampliati e diversificati gli orari di apertura e chiusura del dormitorio che dispone di 24 posti e 19 per emergenza freddo, per dare la possibilità di rimanere più a lungo nella struttura. Saranno forniti kit colazione, le lenzuola verranno lavate una volta alla settimana, ogni sera sarà fornito agli ospiti un asciugamano pulito. E anche qui saranno attivati tirocini, borse lavoro e corsi di formazione. Posti disponibili quasi sempre saturi.
Case di prima accoglienza
Sono 5 in città, per un totale di 39 posti letto riservati a donne sole o donne con bambini. La cooperativa Emmaus si occuperà di fornire le suppellettili necessarie, elettrodomestici compresi.
Sarà anche “una grossa rivoluzione”, come l’ha definita l’assessore, ma l’impressione è che i problemi di sempre permangano e che le necessità e i bisogni stiano anche aumentando. E che anche questo bando possa rivelarsi non sufficiente ad affrontare quella che sta diventando un’emergenza, specialmente per il villaggio ex Tav, divenuto ormai una sorta di città dentro la città.