20 maggio Giornata mondiale delle api. La loro sopravvivenza è fondamentale per l’ecosistema. Cinque piccole regole per aiutare questi preziosi insetti
Ogni anno, il 20 maggio, si celebra la “Giornata mondiale delle api” per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza degli insetti impollinatori, sul loro contributo allo sviluppo sostenibile la cui sopravvivenza è minacciata da diversi fattori, tra cui agricoltura intensiva, pesticidi e cambiamenti climatici – e richiede, pertanto, azioni concrete di tutela. La data del 20 maggio coincide con la nascita di Anton Jansa che nel XVIII secolo fu pioniere delle tecniche di apicoltura moderna. La sopravvivenza delle api è fondamentale per l’ecosistema. “Le api – spiega il dottor Gianni Suma, del servizio di igiene e assistenza veterinaria del dipartimento di prevenzione dell’Asl Novara – appartengono a quella categoria di insetti chiamati “pronubi”, che trasportano il polline da un fiore all’altro permettendo così l’impollinazione e la formazione del frutto. Gli insetti pronubi hanno un’importanza fondamentale nel mantenimento della biodiversità nell’ecosistema e nella produttività delle coltivazioni. Le api in particolare svolgono una funzione fondamentale per la riproduzione vegetale sia rappresentando, come detto, il principale vettore d’impollinazione, sia come primario indicatore biologico della qualità ambientale. L’allevamento delle api quindi fornisce all’ambiente quella funzione fondamentale che le variazioni climatiche, i tassi di incidenza di inquinanti e le tecniche di lotta agli insetti nocivi hanno messo in pericolo”. Anche le api sono in pericolo, e la colpa è della cosiddetta sindrome dello spopolamento degli alveari. “La sindrome di spopolamento degli apiari o Colony Collapse Disorder (CCD) si è manifestata negli ultimi anni in molte parti del mondo. Si manifesta con il ritrovamento di alveari quasi completamente privi di api senza il riscontro in precedenza di evidenti sintomi di malattia.Numerosi studi hanno ipotizzato la multifattorialità delle cause scatenanti la sindrome: avvelenamento da fitofarmaci, malattie delle api in forma non manifesta (subclinica), errori di gestione da parte dell’apicoltore. Il sommarsi di varie concause porterebbe quindi al Ccd. Si tratta quindi di sindrome in cui l’impatto dell’ambiente riveste ruolo rilevante ma non esclusivo”. Quali sono i principali fattori di rischio che incidono sulla mortalità delle api? “La varroasi (la varroa è un acaro che parassita le larve e le api adulte) è sempre la malattia più diffusa, ma esistono malattie batteriche, virali e protozoarie, così come, analogamente a tutto il mondo animale, squilibri alimentari e riproduttivi. Incide notevolmente l’eccessivo utilizzo di sostanze di sintesi, che vengono rilasciate nell’ambiente (in particolare in agricoltura ma anche in altri sistemi produttivi), l’abuso o l’uso improprio di questi prodotti ma anche di insetticidi”. “In Italia – aggiunge Suma – c’è stata una grave crisi qualche anno fa in seguito all’utilizzo dei neonicotinoidi per il trattamento delle colture cerealicole (mais) con gravi morie di api. Il Governo Italiano e poi la Comunità Europea hanno vietato l’utilizzo di questi farmaci per i cereali, (che tuttavia permangono in commercio per altre colture) ha prodotto una netta diminuzione degli episodi di avvelenamento e un miglioramento generale dello stato di salute dell’apicoltura. Attualmente i neonicotinoidi sono vietati per i trattamenti all’aria aperta e permessi solo in serra”. Ognuno di noi però può dare una mano per aiutare le api. “Il Governo Britannico ha promosso 5 semplicissime azioni che anche chi non è apicoltore può seguire: far crescere più fiori e piante che siano una risorsa di polline e nettare. Per esempio, primulee crocus in primavera, lavanda e gerani in autunno; lasciar crescere trifogli, ortiche e denti di leone; così gli impollinatori troveranno oltre che nutriente, rifugio tramite i mucchi di foglie per il letargo; tagliare l’erba e le piante non frequentemente e lasciare che fioriscano; non interferire con la vita degli alveari e, soprattutto, non distruggerli; eliminare i pesticidi e le sostanze chimiche in generale e in alternativa, usare sistemi naturali.