Un novarese tra gli otto vincitori del premio nazionale «Roche per la Ricerca» per il 2017, l’iniziativa che finanzia i progetti di ricerca italiani orientati alla medicina di precisione in oncologia, ematologia, reumatologia, malattie respiratorie, disturbi della coagulazione ereditari, neuroscienze.
Alla premiazione a Monza del 20 febbraio anche Davide Maria Ferraris, ricercatore di Biochimica al dipartimento di Scienze del farmaco di Novara, che ha visto premiato il suo progetto di ricerca svolto sotto la supervisione del professor Menico Rizzi ordinario dell’Upo.
“Il progetto – spiega Ferraris – si concentra sullo studio dei gliomi, tumori
particolarmente aggressivi che colpiscono il sistema nervoso centrale. Le persone affette da tale patologia hanno un’aspettativa di vita molto bassa; purtroppo, per questo tipo di tumori non esiste attualmente una cura farmacologica molto efficace e la terapia si basa essenzialmente sulla rimozione chirurgica del tumore. Tuttavia è stato osservato che le cellule di glioma producono una proteina (la aldeide deidrogenasi, o Aldh) la quale risulta essere coinvolta nello sviluppo di questi tumori celebrali. Il nostro progetto prevede lo studio di molecole in grado di inibire la funzione dell’Aldh e di conseguenza la proliferazione delle cellule cancerogene, ponendo le basi per una futura cura farmacologica dei gliomi. Inoltre, lo sviluppo di molecole altamente specifiche per l’Aldh consentirebbe lo studio di molecole specifiche per questo tipo di tumore, da utilizzarsi come sonde in grado di riconoscere selettivamente le cellule di glioma, favorendo sia una più precisa asportazione in sede chirurgica che una diagnosi differenziata di sotto-tipi cellulari”.
Il premio Roche per la ricerca si inquadra in un ampio progetto di ricerca intrapreso nel laboratorio di Biochimica in collaborazione con – oltre a Rizzi – Silvia Garavaglia e ricercatori del Mitchell Cancer Institute, a Mobile negli Usa, “e rappresenta – fanno sapere dall’Upo – una grande opportunità per uno sviluppo innovativo del progetto, oltre che un forte stimolo e incoraggiamento per tutto il gruppo di ricerca”.