Duecentocinquanta notti all’anno fuori casa, una media di tredici ore al giorno di lavoro (quando va bene), un centinaio di dipendenti per 73 anni d’età ed un fatturato da capogiro. Sono i numeri di “mister” Far, ovvero Alberto Allesina da Gozzano, titolare insieme ai famigliari dell’azienda leader nei prodotti per il riscaldamento, uno dei marchi di punta del distretto cusiano del rubinetto. Un’oasi nel deserto.
“Sì… Però il distretto non va come mi aspettavo – dice – Il mercato italiano sta perdendo colpi. La politica italiana sul lavoro non va. Io speravo che ci fosse un cambiamento con i nuovi provvedimenti del Governo, ma così non è stato”.
“Guardi questo paese… Seimila abitanti e non c’è una gru. Non si costruisce niente e quando non si costruisce non c’è lavoro. Dicono sarà l’ultimo anno di crisi, ma non ci sono gru. Secondo me la recessione finirà nel 2020”.
Sì ma il distretto? “Anche qui abbiamo sofferto. I fatturati sono calati, però teniamo. Il problema qui è di mentalità… Si guardi intorno”. Una distesa di belle fabbriche che si intravvedono al di là di cancellate alte e spesse siepi “Il distretto doveva essere un’occasione di confronto, di collaborazione fra noi… Invece qui tutti si chiudono nei loro capannoni e fanno per conto loro. Secondo me il distretto avrebbe dovuto avere una diversa funzione: servizi in comune per aggredire i mercati più difficili, spirito di squadra…Rappresentiamo una fetta importante del fatturato italiano, ma così, ognuno per conto proprio, non ci fila nessuno. Questo è un peccato!”.
Nonostante la crisi la Far rappresenta un’eccezione e Allesina lo dice con orgoglio “Noi non abbiamo fatto nemmeno un giorno di cassa integrazione, anche se abbiamo perso qualche milione di fatturato. Abbiamo tenuto e sa perché? Perché da una vita lavoriamo sulla qualità e sul rapporto diretto con il cliente. Abbiamo clienti che sono con noi da quarant’anni, ormai ci sono legami di amicizia… Certo è faticoso, perché io giro tutto l’anno, li vado a trovare uno ad uno. Se non vado mi chiamano. Mi sono creato con gli anni un mercato mio, basato sulla fiducia e sul reciproco rispetto”.
“Questa azienda è sanissima e non di rado mi chiedono di vendere… Fosse per me lo farei”. Sicuro, sicuro? “Beh, alla mia età… Ma i figli, i nipoti, non vogliono…”. E meno male, vien da dire, perché la vita di Alberto Allesina è tutta scandita dai ritmi della fabbrica: sveglia all’alba, un salto in ufficio (il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene), poi colazione a casa e poi di nuovo in ufficio “Mia moglie mi chiede cosa mi sveglio a fare così presto… Ma cosa vuole… Dopo tanti anni sono abituato così… Poi qui c’è sempre lavoro”.
Niente computer, niente smartphone, niente messaggini, niente chat… “Mah! Io li vedo negli aeroporti quelli sempre attaccati ai telefonini… Mi chiedo cosa se ne facciano di tutte quelle informazioni. Io uso questa…” e mostra una vecchia calcolatrice da scrivania, di quelle che i contabili utilizzavano una ventina di anni fa.
Sarà pure vecchio stampo questo metodo, ma è oggettivo che i numeri ed i fatti gli danno ragione “So benissimo di non essere al passo con i tempi, ma a me va bene così. Non ho distrazioni. Anche ai miei figli, ai miei nipoti dico sempre che il lavoro si conquista con l’esperienza… sul campo!”.
Però oggi i giovani hanno bisogno di tanto sapere per avere un lavoro, con la crisi che c’è “Mah! Studiano troppo, secondo me! Bisogna sapere bene l’inglese, quello sì… Poi il resto si impara andando in giro ad osservare il mondo. Io ho fatto la quinta elementare, anche se ammetto di essere stato aiutato all’inizio. Una volta le banche erano davvero d’aiuto al territorio; c’era un rapporto diretto con il direttore che se vedeva che la tua idea funzionava ti dava fiducia. Per me è stato così…”.
“Io sono nato in una frazione di Gozzano. Tempi duri: ad un certo punto abbiamo tirato fuori gli animali dalla stalla ed abbiamo messo un tornio. E’ cominciato tutto così. All’inizio abbiamo fatto un po’ di esperimenti e combinato qualche guaio…” E sorride, sornione “Poi abbiamo trovato la nostra strada. Abbiamo capito che per emergere dovevamo puntare sulla qualità, fare un prodotto che altri non facevano… Io non so come fanno alcuni a proporre certi prezzi. Io conosco il mercato e so che sotto un certo limite non si può andare: partecipano alle gare con ribassi anche del 70 per cento… Poi chiudono le aziende. Non è roba per me!”.
Ma la fabbrica non è la sola passione di Allesina… C’è anche il calcio che declinato in chiave locale significa Gozzano “Siamo sponsor da 12 anni. Abbiamo fatto tante cose, siamo arrivato alla serie D e adesso ci torniamo. Credo che la Far sia conosciuta anche per la sua serietà in questo settore. E’ una società pulita al mille per mille. Abbiamo avuto le nostre verifiche, pagato quel che si doveva. Oggi se dovessimo smettere ci sarebbe solo da pulire il campo”.
Una stagione superlativa “Adesso torniamo in serie D, la seconda squadra della provincia dopo il Novara e certo occorreranno altri soldi. Mi auguro di trovare qualche altro sponsor, perché la Federazione a noi non da nulla… Poi guardo il fatturato della Juve e mi viene da ridere: ma come? Siamo noi dilettanti ad aver bisogno di aiuto, non certo chi fattura 361 milioni! Lasciamo stare…”.
Anni fa Allesina aveva messo gli occhi anche sul Novara Calcio “Mi avevano chiesto di entrare ma non c’erano le condizioni. Io volevo garanzie di continuità che non mi sono state date, per cui ho investito tutto nel Gozzano. Alla fine è andata bene così…”.
E la politica? Il patron della Far è stato tentato anche da quella “Guardi ho fatto l’assessore. Ci ho messo passione ed impegno. Sa com’è andata? Sono finito indagato per sette anni per colpa di un semaforo. Denunce e controdenunce… Cerchi di fare bene e ricevi male. Guardi non fa per me. Ad un certo punto mi hanno anche chiesto di fare il sindaco…”.
E la risposta? “Io devo pensare alla fabbrica!”