La condanna al risarcimento di 14 milioni di euro alla società Sporting Village (che gestiva il palazzetto del Terdoppio) da parte del Comune di Novara è argomento che continua a far discutere, non foss’altro perché lunedì prossimo, in sede di assestamento dei conti del bilancio della municipalità, è evidente che l’amministrazione dovrà proporre una soluzione economicamente sostenibile per le casse pubbliche.
Tanto più che si tratta di una “condanna” (o meglio la risoluzione di un lodo arbitrale) decisamente inaspettata per la parte pubblica, che aveva a sua volta richiesto di essere risarcita dal privato, realizzatore e gestore dell’impianto, per ben 80 milioni di euro. Una legnata secca insomma…
Da qui le accuse del primo cittadino Andrea Ballarè nei confronti della precedente amministrazione, rea a suo avviso di aver causato questo stato di fatto. Accuse che Sindaco ha affidato anche ai social (oggi ad esempio su Facebook), scatenando il commento in risposta dell’ultimo assessore allo Sport del Comune della giunta Giordano, Daniele Andretta.
Infatti secondo il primo cittadino tutta la questione sarebbe riferita all’ormai famigerato articolo 36 della convenzione firmata tra le parti – Comune e Sporting – (quello in cui si parla delle pretese di risarcimento in caso di recesso anticipato dal contratto), che venne aggiornato nel marzo 2009, quando nella carica di assessore allo sport era proprio Andretta, nominato a novembre dell’anno precedente (ma la delibera di impegno era stata approvata molto prima, dal predecessore di Andretta).
Infatti il Comune aveva richiesto al collegio arbitrale di ritenere nullo questo articolo o comunque inefficace “Perché contrario a norme di legge e principi di ordine pubblico” con “effetto distorsivo e gravemente pregiudizievole per l’amministrazione…”…
Ma cosa rispondono i giudici a questa richiesta-accusa, invero grave?
Come si legge a pagina 53 della sentenza che pubblichiamo qui “Ad avviso del collegio le eccezioni (avanzate dal Comune) di nullità, invalidità e/o inefficacia dell’articolo 36 sono infondate”. Non solo: quanto previsto (dall’articolo 36 – ndr) “appare meritevole di tutela e funzionale a prevenire ingiustificati impoverimenti o arricchimenti dell’una o dell’altra parte”. In sostanza la norma incriminata consente di “avvalersi di criteri analoghi a quelli indicati nell’art. 158 del codice degli appalti, estendendone convenzionalmente la portata”.
E per finire (a pag 55 del lodo) scrivono ancora i giudici “L’applicazione dei criteri indicati nell’articolo 36 appare a questo collegio idoneo a ristabilire tra le parti l’integrità della situazione patrimoniale preesistente al contratto”. Quindi per essere molto chiari: il privato ha realizzato e sostenuto in gran parte i costi di costruzione del palazzetto del Terdoppio, quindi, dicono i giudici, se il Comune ne vuole la piena proprietà lo deve pagare (i 14 milioni insomma).
Nonostante l’evidenza di quanto stabilito dal lodo, Ballarè non molla e scrive sul suo profilo “Se il contratto originario, quello voluto da Nastri e che oltre a tutti gli altri guai prevede l’utilizzo del lodo arbitrale come strumento per dirimere eventuali controversie, era di per sè diasatroso per il comune, la vera sciagura sta però nell’«Atto aggiuntivo» alla convenzione originaria firmato il 12 marzo 2009 proprio dall’allora assessore allo sport Daniele Andretta. Un documento con cui venne concesso alla società Sporting Village un primo riequilibrio delle condizioni originariamente pattuite. Se l’entità dell’indennizzo che oggi la città deve pagare è lievitata al punto fissato dagli arbitri, infatti, è proprio in conseguenza di quella scelta. Sarebbe cosa buona che chi porta la responsabilità di un così clamoroso errore, che ha creato un danno enorme alla collettività novarese, avesse almeno il pudore di tacere”.
“Veramente mi sembra che nella sentenza ci sia scritta altra cosa – replica Andretta – Comunque sia se errore v’è stato, a mio avviso, è nella risoluzione imperiosa del contratto e nell’avanzare di pretese onerose da parte del Comune, che sono state quasi totalmente rigettate. Fra l’altro non capisco l’accanimento ideologico di Ballarè e della sua giunta contro questo impianto: ricordo che venne finanziato in parte con i fondi per le Olimpiadi e che l’allora assessore allo Sport della Regione, Giuliana Manica, ancora oggi importantissima esponente Pd, fu una delle più entusiaste promotrici di quell’iniziativa, anche se intervenne a progetto già avviato. Ma quale amministratore pubblico, in quegli anni, avrebbe pensato di fare altrimenti? Non c’era la crisi e c’erano moltissime società sportive che non sapevano nemmeno dove andare ad allenarsi. Io non ero ancora assessore, ma ricordo bene le sollecitazioni dell’epoca…”.
“Peraltro – prosegue Andretta – Ballarè dice una sciocchezza dal punto di vista tecnico perché sa benissimo che le convenzioni, materialmente, non sono firmate dagli assessori, ma dai dirigenti. Il che sul piano pratico sposta poco, ma la dice lunga sul tentativo di inquinare politicamente una vicenda amministrativa che, come si evince dalla sentenza del lodo, appare assolutamente lineare. Che poi il gestore non si sia rivelato all’altezza del compito questo mi pare altrettanto pacifico”.
“Come al solito Ballarè cerca di scaricare sugli altri responsabilità che sono sue e della sua amministrazione! Sarebbe ben l’ora di finirla con questo atteggiamento. Ci dica lunedì dove intende prendere i soldi per risolvere questo pasticcio clamoroso creato per una precisa scelta politica e certamente non ci tireremo indietro, se saprà trovare una soluzione”.
Insomma una diatriba senza fine. Certo è che le 81 pagine del lodo (per chi avrà la pazienza di leggersele) offrono risposte a tanti dubbi sollevati in questi anni. E non ci pare questione di poco conto in una vicenda così complessa…
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