Buongiorno
Novara

Il Barbera non dà alla testa. Novara si beve anche Palermo e vola dove osano i falchetti

PALERMO-NOVARA 0-2
Marcatori: 56′ Moscati, 70′ Moscati

LA PARTITA
Lo scrivevamo qualche tempo fa “il miglior attacco è la miglior difesa” parafrasando al contrario, il motto su cui si poggia la filosofia zemaniana. Ed il Novara attuale è una meravigliosa interprete di questa contro verità. L’aver sistemato la fase difensiva, anche grazie all’indubbia solidità offerta dal 3-5-2, ha di molto ridimensionato i problemi manifestati in zona goal nelle prime partite stagionali. Semplicemente mitigando l’effetto dovuto alla bassa produzione di occasioni e di reti trasformate, che in tutta evidenza ancora oggi permangono. E’ successo semplicemente che – se innanzitutto – non si prendono goal, basta poi sfruttare anche solo qualche occasione per fare proprio tutto il bottino. Con questo modello di gioco, le occasioni, seppur numericamente esigui, hanno quasi sempre un alto tasso di pericolosità, perchè nascono dall’abilità cinica di sfruttare al meglio i punti di maggior debolezza degli avversari. La storica prima vittoria al Renzo Barbera è il manifesto di tutti questi concetti. Corini ha edificato un bastione insuperabile e gli avversari vanno puntualmente a sbattere contro l’invisibile linea tracciata dai nostri al limite dei 20 metri. Così raccolta, la squadra azzurra, con tutte le pedine capaci di muoversi sullo scacchiere come legate da invisibili elastici accorciati o allungati dal “Genio” in panchina, non perde mai le distanze ed in un efficace quanto effimero gioco a regalare la propria metà campo agli avversari, costruisce l’apparente spreco del possesso palla. Tanto spazio dentro al quale prima o poi le frecce imprendibili azzurre sapranno affondare con straordinaria efficacia. Il Palermo è stato apparentemente affondato in due mosse, in corrispondenza dei due contropiede e rispettivi assist per Moscati, di cui sono stati protagonisti prima Da Cruz e poi Schiavi. In realtà c’è anche e soprattutto la capacità disarmante con cui gli azzurri sanno vanificare tutti i tentativi di costruzione del gioco avversario, rendendo particolarmente frustrante anche l’onesta gara di un Palermo, che prima di incontrare il Novara non aveva mai perso, e a detta dei palermitani stessi, sempre offerto prestazioni più che confortanti.

IL TABELLINO
PALERMO: 22 Pomini, 3 Rispoli, 6 Struna, 7 Trajkovski (20 La Gumina 62′), 8 Jajalo, 10 Coronado (27 Monachello 75′), 13 Gnahorè (11 Embalo 57′), 15 Cionek, 17 Morganella (vK), 18 Chochev, 30 Nestorovski (K) – A disp.: 1 Maniero, 37 Belladonna, 4 Accardi, 14 Rolando, 21 Fiordilino, 24 Szyminski, 28 Dawidowicz, 33 Petermann, 35 Murawski – All.: Bruno Tedino

NOVARA: 1 Montipò, 4 Mantovani (vK), 5 Casarini (K) (16 Schiavi 66′), 8 Chiosa, 11 Di Mariano, 15 Da Cruz (10 Macheda 78′), 21 Orlandi, 23 Moscati, 24 Dickmann (3 Del Fabro 86′), 27 Calderoni, 31 Golubovic – A disp.: 12 Farelli, 22 Benedettini, 2 Troest, 20 Ronaldo
All.: Eugenio Corini

Arbitro: Sig. Illuzzi di Molfetta – Assistenti: Sigg. Lanotte di Barletta e Luciano di Lamezia
Quarto ufficiale: Sig. Zanonato di Vicenza – Calci d’angolo: Palermo 9 – Novara 1
Ammoniti: 46′ Mantovani, 55′ Struna (P), 62′ Da Cruz, 72′ Jajalo (P) – Recupero: 1′ pt; 4′ st

IL NOVARA E L’ELOGIO DEL BRUTTO ALTRUI
“E’ il Palermo più brutto della stagione” questo abbiamo sentito negli spogliatoi del Barbera, più o meno la stessa cosa era avvenuta dopo le vittorie con Cittadella, Frosinone e Brescia e non molto diversa era stata la valutazione dei colleghi ascolani, dopo la prima doppietta di Da Cruz che valse i tre punti. Se due indizi fanno una prova, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un teorema praticamente acclarato: non è il Novara che approfitta della classica giornata no degli avversari, ma al contrario, sono gli azzurri che fanno giocare male chi li affronta. Sembra una “contro” qualità, in realtà è un grande complimento che lo stesso Mantovani ha apprezzato in sede di commento. Facendo proprio “l’elogio del brutto” (altrui), Corini ha saputo ribaltare a proprio vantaggio anche questa “contro” filosofia.

LA REGOLA DELLE 10 GIORNATE
Su questa mia fissa delle “10 giornate”, per cui da sempre evito di pronunciarmi sul valore di una squadra e del campionato, prima di aver visto almeno due mesi di calcio vero; qualcuno ci ha parecchio ironizzato sopra, e dove c’è del sano spirito non si può che alzare le mani e farsi una risata.
Avevo ipotizzato un mini torneo promozione fra Palermo, Frosinone ed Empoli, con il Perugia e magari qualche classica sorpresa a fare da incomodo. Tutte cose che oggi sembrano vacillare. Credevo che Ternana, Ascoli e forse Pro Vercelli, fossero le più serie candidate a soffrire, ma pur non avendo una classifica da urlo, tutto hanno dimostrato, tranne una rassicurante (per le altre) arrendevolezza. Ammetto pure che una qualche sofferenza (quanto pericolosa non mi era dato di sapere) l’avevo quasi messa in conto anche per la stagione del Novara, pur confidando di stare più o meno sempre nella parte sinistra della classifica. Oggi invece, sarebbe davvero un delitto non alimentare quel famoso “sogno azzurro” evocato ad inizio stagione proprio da Corini.
Trascorsi i fatidici dieci turni di campionato, non saprei davvero cosa dire di un torneo che proprio su questa incertezza sta costruendo il suo straordinario fascino. Una meravigliosa indeterminatezza che accompagna anche l’incedere azzurro verso il paradiso della classifica. Tre vittorie consecutive e quattro risultati utili, che hanno proiettato gli azzurri dall’ultimo al secondo posto (seppur in coabitazione) ma che non devono far perdere il senso della realtà, perchè in una classifica così corta, basta qualche battuta a vuoto per fare un balzo all’indietro come i gamberi. Con la Salernitana alle porte (martedì sera al Piola) ed un arrabbiatissimo Cesena che sabato prossimo ci aspetta al Manuzzi, meglio mantenere ben saldi i piedi per terra. Al sottoscritto non resta che cospargersi il capo di cenere, sulle “10 giornate” di attesa invece questa volta mi sbagliavo, perchè non sono affatto sufficienti a costruire delle verità sostanziali. Parlando di Novara però, ho visto abbastanza per riconoscere un gruppo vero ed un allenatore di rara intelligenza e preparazione, mentre non avevo bisogno di conferme per apprezzare ancora una volta di più, la lungimiranza e la serietà della società azzurra.

IL GENIO HA GIA’ SCRITTO LA STORIA
Tra serie A e serie B, prima di ieri, Palermo e Novara si erano incontrate complessivamente 46 volte, 48 includendo anche il doppio confronto di Coppa Italia 1942-43. In campionato 18 erano stati i successi rosanero, 11 le vittorie azzurre e ben 17 i pareggi. 68 i gol del Palermo, 53 quelli del Novara. In serie B sono 32 le gare complessive giocate, con 11 successi del Palermo, 14 pareggi e 7 vittorie del Novara, tutte maturate in Piemonte. 43 i gol dei rosa, 32 quelli del Novara. Mai però, in quasi 110 anni di storia, il Novara calcio aveva vinto in Sicilia.
Eugenio Corini, acclamato affettuosamente sia a Brescia che a Palermo, non ha lasciato alle sue ex squadre neppure qualche briciola, peccato che gli azzurri non debbano affrontare anche le altre squadre in cui ha militato, perchè se tanto ci da tanto, pure Chievo, Samp, Torino, Napoli e Juventus, avrebbero di che preoccuparsi.
Solo i posteri sapranno giudicare compiutamente l’operato di Eugenio Corini sulla panchina azzurra, ma la pagina scritta al Renzo Barbera, in un soleggiato pomeriggio del 21 ottobre 2017, entra di diritto nel glorioso libro cominciato nel 1908 da un manipolo di studenti del Liceo Carlo Alberto. Con la “partita perfetta” del Barbera, il Genio si è comunque già guadagnato un pezzettino di immortalità azzurra.

IL GIOVANE GONZALEZ
Pare che Pablo Gonzalez abbia detto di lui che: “è molto più forte di me”. Il soggetto dell’apprezzamento è Alessio Da Cruz classe 1997 da Almere Paesi Bassi. Il giovanotto di origine capoverdiana, dopo aver fatto venire la labirintite al povero Struna, sta riuscendo nell’impresa, ben più difficile dell’aver servito l’assist a  Moscati che ha determinato la storica vittoria azzurra al Barbera, di aver affievolito il latente rimpianto azzurro proprio nei confronti del “cartero” argentino. Mentre l’ex postino di Tandil colleziona mugugni in serie al Moccagatta, il potenziale di Alessio Da Cruz già ora che ha solo 20 anni, sembra in prospettiva persino più importante di quello che vedemmo nell’argentino, ai tempi di Tesser, quando a Novarello si presentò come una delle tante meteore in prova, proveniente da un anonimo campionato in Svizzera. Fra ciò che ci ha regalato Pablito e la speranza di quello che potrebbe fare Da Cruz, c’è di mezzo il mare che separa Novara da Palermo e questo è assodato, tanto quanto è lapalissiana la differenza fra i rispettivi ingaggi, malgrado le evidenti similitudini.
Il partito dei nostalgici forse, potrebbe cominciare a prendere in considerazione l’elaborazione del lutto, perchè davvero i due profili tecnico tattici ed il loro approccio alla piazza, sembrano assomigliarsi terribilmente. Intanto e molto più razionalmente, basterebbe fare una vera e propria operazione di revisionismo di quella stagione delle cosiddette cessioni “eccellenti”, a cominciare dall’abiura e conseguente piena riabilitazione della figura di Domenico Teti. Il nostro Ds, scomunicato in contumacia e senza appello come l’eretico che cedette il postino messaggero di successi azzurri al nemico grigio, senza levarsi neppure un piccolo sassolino dalle scarpe, si sta invece togliendo una soddisfazione dopo l’altra. L’Alessandria che ci strappò Gonzalez, allora elevata ad esempio societario e destinata alla Champions Leaugue, è oggi sprofondata nella palude della zona salvezza in serie C insieme alla brutta copia del Pablito che fu; mentre, il successo storico di Palermo ed una classifica bella come quella della promozione in A, consigliano di non infierire neppure su quelle tristi cassandre che con l’addio di Gonzalez, profetizzavano la fine ingloriosa dell’era De Salvo a stretto giro di “postino”.
E’ lo stesso “cartero” nel fare i complimenti a Da Cruz a certificare plasticamente che il capoverdiano è potenzialmente una specie di Gonzalez molto più giovane: il tempo è sempre galantuomo.

AQUILE E FALCHETTI
Diciamocelo chiaro, non c’è tifoso azzurro che non sperasse nel colpaccio al Barbera, con altrettanta franchezza, va detto che la probabilità di una sconfitta era “quasi” stata messa inconsciamente in conto, anche e soprattutto viste le defezioni azzurre ed il momento positivo dei rosanero. Per fortuna Corini non ha una coscienza altrettanto autocritica e in questa meravigliosa razionalità ha saputo costruire l’inatteso successo, infondendo concretezza e consapevolezza alla truppa azzurra.
Certo è che la settimana aveva dato stuzzicanti segnali, soprattutto nell’ambiente rosanero, dove invece la vittoria era considerata quasi ineludibile, e la presenza di 11 maglie bianco/azzurre in campo, come un “di cui” quasi irrilevante, che Nestorovski e compagni, mettevano fra sé ed i tre punti. Una sensazione amplificata nel leggere i vari commenti anticipatori della partita, dove i siciliani, parlando della classifica, discutevano di cosa poteva succedere se Frosinone ed Empoli (come poi accaduto) avrebbero avuto problemi nelle rispettive sfide contro Salernitana e Venezia, senza soffermarsi troppo sulle insidie che gli azzurri potevano portare loro.
“Questo qui si crede un’aquila” si dice dalle nostre parti in forma dialettale, volendo sottolineare quella fastidiosa sfacciata sicumera di chi è decisamente troppo consapevole di sé e della propria forza. E’ vero pure che chi ha proprio un’aquila nel proprio simbolo è forse più legittimato di altri ad alimentare certezze predatorie, ma qualche volta i falchetti volano anche più alto delle aquile e che il Novara abbia legato la propria storia ed i propri colori al piccolo rapace delle Alpi, forse in Sicilia non era dato di sapere.