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Novara

Basket e burocrazia. Anche se hai 12 anni non puoi giocare!

A chi importa se un ragazzino di dodici anni non può giocare a basket?

Non per impedimenti di chissà quale natura, beninteso, ma per via di un regolamento che ne ritarda il tesseramento: perchè il ragazzino in questione, nato in Italia da genitori nigeriani, deve dimostrare di non essere già tesserato nel paese d’origine di mamma e papà.

Ragionando in astratto la norma ha certamente una ragione ed è stata creata per evitare illeciti, che pure si sono verificati in passato. Ma tradotta nella realtà di questo caso e dunque applicata ad un giocatore che ha dodici anni, è nato in Italia, è  al suo primo tesseramento ed è appena uscito dal minibasket,  assume i contorni di una beffa. Soprattutto se per ottenere quel benedetto nullaosta è necessario aspettare mesi.

Una storia dove da un lato ci sono le regole, dall’altro il buonsenso e se è ben vero che questa dicotomia è una costante, purtroppo, nella vita quotidiana di noi tutti… Beh! Come si fa a spiegarla ad un ragazzetto che, pieno d’entusiasmo, si allena tutte le settimane, con impegno e passione ed ogni volta si sente dire dall’allenatore “No, tu non giochi la prossima partita. Non sei ancora tesserato!”.

A gettare luce su ben due casi, che purtroppo non sono isolati in Italia, la società Novara Basket che, con un comunicato pubblicato sul proprio sito internet, solleva la questione.

“Uno dei ragazzi ha i genitori nigeriani, ma è nato in Italia – dice Enrico Marietta, direttore generale di Novara Basket che sul tema è un fiume in piena – l’altro ha origini russe e pure lui è nato nel nostro paese. Di fatto si allenano ma non possono giocare le partite di campionato fino a quando le federazioni dei rispettivi paesi dichiareranno che non sono tesserati presso di loro. Quanto ci vorrà? Non lo sappiamo perchè noi, come società, abbiamo inoltrato domanda alla Federazione regionale, che l’ha girata alla Fip. A sua volta la Federazione Italiana deve interpellare la Fiba (Federazione Internazionale Pallacanestro), che chiederà ai paesi d’origine il nullaosta… La trafila avverrà poi all’inverso! Tutto questo ha già fatto trascorrere molti giorni e temo che molti altri ancora ne dovranno passare”.

In Italia, secondo Marietta, si contano almeno cinquecento casi simili e la questione è ben nota ai responsabili federali ma… Non esiste alcuna possibilità di aggirare la burocrazia “L’abbiamo chiesto, ma tutti ci hanno risposto che non si può far niente. Ci sembrava ragionevole una deroga in un caso come questo, anche attraverso l’assunzione di responsabilità di parte nostra”.

Insomma un’ipotesi avrebbe potuto essere quella di far giocare comunque i ragazzini, in attesa di tutte le carte bollate in regola “anche a rischio di perdere tutte le partire a tavolino nel caso in cui si scoprisse che in realtà sono tesserati in un altro paese. Credo sia un rischio che possiamo correre visto che questi giovani hanno cominciato con noi, hanno fatto con noi tutto il minibasket, li conosciamo bene… Ma… Non c’è nulla da fare!”.

E davvero viene da pensare che tutto ciò è ben singolare in un paese dove gli illeciti sportivi, quelli veri, dietro i quali magari girano un sacco di soldi, non sono proprio una rarità.

Tanto più che trattandosi di casi ormai abbastanza frequenti non appare fuori luogo immaginare l’ipotesi di una soluzione, al di là dei temi più complessi e controversi dei diritti legati alla cittadinanza.  A supporto di ciò è da dire che nel febbraio 2016 è stata promulgata dal Presidente della Repubblica una legge, detta “Ius soli sportivo” che consente ai minori di 18 anni residenti in Italia almeno dal compimento  del decimo anno di età, di essere tesserati presso le società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, con le medesime regole degli italiani. L’unico limite riguarda la possibilità di partecipare alle selezioni nazionali. Purtroppo però la regola viene applicata solo dalle federazioni Hockey su prato, atletica leggera e pugilato da quel che si apprende da fonti di stampa, quindi non da tutte.

“Forse dovremmo fermarci tutti a riflettere un secondo sui valori che lo sport deve trasmettere  – scrive Andrea Lersini di Novara Basket – e di cui ci riempiamo sempre la bocca, ma che poi nella pratica ci dimentichiamo di difendere; il diritto di un ragazzino di giocare con i suoi amici e divertirsi, lo spirito di inclusione che è fondamentale in qualsiasi sport e non solo, invece purtroppo società come la nostra si trovano a dover spiegare a un ragazzo di dodici anni che per il momento non potrà giocare, perché non è Italiano”.

Intanto Micael (il nome è ovviamente di fantasia), il ragazzino di origine nigeriana, si allena e si allena. E’ anche bravo ed ha una passione incredibile; per la sua età è una promessa a detta di tutti. Alla fine di ogni sessione guarda l’allenatore con occhi speranzosi, mentre i suoi compagni gli danno di gomito “Dai vedrai che è la volta buona!”.

Ma anche questa volta non lo è! Forse la prossima settimana, forse l’altra ancora, chissà… Così a Micael viene il magone.

Perchè se hai 12 anni sai che ti frega della cittadinanza, dei tesseramenti, della burocrazia?

Vuoi solo giocare ed è la sola cosa che conta. Buttare la palla nel canestro e segnare per la tua squadra!

Altri al posto suo magari avrebbero già mollato. Altri lo faranno. Micael no. Va avanti, supportato dagli allenatori e dalla sua società. In questo dimostrando a tutti (ed alla burocrazia ottusa) di essere già un piccolo campione!