“Se veramente lo vuoi, puoi”… Con questa motto Daniele Barbone, imprenditore novarese nel settore della green economy, un atleta che si definisce rigorosamente “non professionista”, ha completato poche ore fa la sua ennesima sfida: la 100 Km del Sahara. Una corsa sfibrante fra le dune, in condizioni estreme, capace di mettere alla prova anche i corridori più allenati, che Daniele ha voluto affrontare collegandola ad un progetto benefico: infatti tutto quel che verrà raccolto dalle sponsorizzazioni e dalle donazioni legate a questa iniziativa verrà devoluto al Cesvi (Cooperazione e Sviluppo, un’organizzazione laica che si occupa di solidarietà portando aiuto alle popolazioni colpite da calamità naturali, guerre o comunque vittime del sottosviluppo).
“Dall’ufficio al deserto” questo il titolo dell’impresa che ha visto protagonista Barbone, che già nel 2013 da amatore “e con tempi assolutamente da dilettante” ha completato con 150 atleti al mondo le Five Major Marathon, correndo in sequenza le maratone di Londra, Berlino, Boston, Chicago e New York.
Lo avevamo contattato qualche giorno fa, prima della partenza per questa sua nuova avventura e lui ci aveva assicurato che ci avrebbe tenuti informati circa i risultati ottenuti. Ecco, direttamente da lui, il racconto delle emozioni dell’ultima tappa e dell’arrivo.
Il racconto di Daniele: l’ultima tappa
Si parte al mattino prestissimo. Gli organizzatori ieri sera al campo ci hanno indicato che a causa del gran caldo che abbiamo patito e per garantire a tutti condizioni di sicurezza, i camminatori partono alle 6, i runner della seconda metà di classifica alle 6:30 ed i top runner alle 7:30.
La notte più che sonno è riposo. Tanta tensione per quello che ci spetta …al giorno dopo.
Il mio materassino e sacco a pelo è sul bordo esterno della tenda berbera. La mitica numero 18 quella con Chicco, Stefano, Salvo, Mario e Nino. Dal mio giaciglio posso vedere le stelle nel cielo. Una vista che mi fa pensare a quanto posso essere fortunato ad essere li ed in quel momento.
La sveglia poi è con Aisha che risuona dagli altoparlanti del campo mobile e il sole deve ancora alzarsi.
Dopo poco, saranno da poco passate le cinque e mezza si vede sorgere il sole sull’orizzonte. Una meraviglia che nell’aria ancora fresca ci da coraggio.
Non mi pesa essere già in piedi. Il rito ormai vuole che si deve fare colazione presto, preparare i bagagli, riscaldamento, saluto ai camminatori e poi tocca a noi.
Il mio gruppo, quello della metà classifica parte compatto e sono dieci chilometri di pista intervallata da piccole dune. Vado tranquillo con il solito gruppetto domenicano, ma stavolta quando le dune diventano più fitte mi sgancio e lascio andare. Le dune si alzano ma non sono quelle del primo giorno. Ristoro al km 15. Si riempi il camel bak e si riparte. Sento la fatica dei primi giorni e la sabbia nelle scarpe con questo vento fortissimo e trasversale al percorso è una panacea per la temperatura ma alza una quantità di sabbia impressionante. Al Km 16 mi supera una delle jeep dell’asistenza. Dal finestrino si lancia fuori per metà Roberto, il massaggiatore. Lo sento che mi urla “Dani vai che sei grande, non mollare”. Un brivido mi percorre tutto il corpo. Mi immagino quante volte avrà lanciato quel grido di battaglia al Suo ed al Nostro grande campione, il Marco.
Si parte al mattino prestissimo. Gli organizzatori ieri sera al campo ci hanno indicato che a causa del gran caldo che abbiamo patito e per garantire a tutti condizioni di sicurezza, i camminatori partono alle 6, i runner della seconda metà di classifica alle 6:30 ed i top runner alle 7:30.
La notte più che sonno è riposo. Tanta tensione per quello che ci spetta …al giorno dopo.
Il mio materassino e sacco a pelo è sul bordo esterno della tenda berbera. La mitica numero 18 quella con Chicco, Stefano, Salvo, Mario e Nino. Dal mio giaciglio posso vedere le stelle nel cielo. Una vista che mi fa pensare a quanto posso essere fortunato ad essere li ed in quel momento.
La sveglia poi è con Aisha che risuona dagli altoparlanti del campo mobile e il sole deve ancora alzarsi.
Dopo poco, saranno da poco passate le cinque e mezza si vede sorgere il sole sull’orizzonte. Una meraviglia che nell’aria ancora fresca ci da coraggio.
Non mi pesa essere già in piedi. Il rito ormai vuole che si deve fare colazione presto, preparare i bagagli, riscaldamento, saluto ai camminatori e poi tocca a noi.
Il mio gruppo, quello della metà classifica parte compatto e sono dieci chilometri di pista intervallata da piccole dune. Vado tranquillo con il solito gruppetto domenicano, ma stavolta quando le dune diventano più fitte mi sgancio e lascio andare. Le dune si alzano ma non sono quelle del primo giorno. Ristoro al km 15. Si riempi il camel bak e si riparte. Sento la fatica dei primi giorni e la sabbia nelle scarpe con questo vento fortissimo e trasversale al percorso è una panacea per la temperatura ma alza una quantità di sabbia impressionante. Al Km 16 mi supera una delle jeep dell’asistenza. Dal finestrino si lancia fuori per metà Roberto, il massaggiatore. Lo sento che mi urla “Dani vai che sei grande, non mollare”. Un brivido mi percorre tutto il corpo. Mi immagino quante volte avrà lanciato quel grido di battaglia al Suo ed al Nostro grande campione, il Marco.
“No che non mollo”
No che non mollo, sono qui per un traguardo e nulla mi può impedire di raggiungerlo. Al ventesimo la testa dei Top Runner mi raggiunge. Vedo Migidio incollato al suo avversario Garcia . Lo incito e lui mi riesce a fare un cenno di intesa. Sono sportivo e li apprezzo tutti, ma la mio tifo è tutto per Bourifa. Lo conosco da qualche tempo e la Sua foto nel mio ufficio è li a dimostrarlo.
Si procede ed il vento è sempre più forte, ma siamo già verso il 25mo km. Sempre più sabbia, sempre più vento, gli occhi bruciano e la fatica è veramente tanta. Mi alimento e bevo costantemente. Al 28 mi passa anche Lambruschini. E’ incredibilmente umano anche in queste condizioni, è quarto, sta correndo in queste condizioni e trova il tempo di darmi un cinque. Più sono forti e più sono così, mi dico. Chi si atteggia e non apprezza lo sforzo altrui non arriva a quei livelli. Finalmente il ristoro del 30. E’ affianco ad una fonte e li hanno messo i camion dell’assistenza con quanto serve per bere e rifocillarci. Non riesco a resistere alla tentazione. Vado alla fonte e prendo l’acqua a piene mani e me la tiro addosso, in testa, sulle gambe accaldate in faccia. Poco conta se fino a un minuto prima ci beveva un dromedario. Se la beve lui, posso bagnarmi io.
Dalla fonte si torna in mezzo a dune e sabbia. Ma il vento adesso è contrario ed è potentissimo. Una fatica immensa. Ma il mio fisico reagisce in modo inaspettato. Più il vento è forte e più io riesco a spingere. Lui soffia, io spingo, se soffia più forte io spingo più forte. Non è una questione tra me e lui. Non è una questione di meteo. Ho grande rispetto per la natura. Ma oggi io devo arrivare. Salto in meno di 2 km 5, 6 concorrenti compreso il mio amico scalatore Harter Gerson. Sono pura energia. Ormai non si vede più nulla. Troppo vento, troppa sabbia.
Alla prima oasi di Douz
Gli occhi non lacrimano nemmeno più. Solo bruciore. I piedi non soffrono più, sono ormai troppi chilometri che corro e non hanno più modo di lamentarsi. Io sono il mio destino ed il mio destino è a quel traguardo. Si sale, la strada ormai invisibile è in salita. Le fettuccine che gli organizzatori hanno messo sugli arbusti ad indicare la traccia, sono l’unico riferimento. Si arriva alla prima oasi di Douz. Capisco che ormai mancano meno di 7 km. Dall’oasi verso il 35mo km trovo un carretto con una coppia marito e moglie ed i due figlioli che corrono intorno ai genitori che portano prodotti agricoli in mezzo sto vento infernale. I due giovanotti, avranno 7, 8 anni al massimo mi vengono incontro, li prendo tutti e due per mano. Siamo un aquilone e voliamo insieme per un piccolo tratto di corsa. Li saluto e vado verso l’ultimo tratto di sabbia. Si rientra in mezzo alle dune ma ormai per quanto il vento sia follemente impazzito non mi importa più. Vado verso il traguardo. Vedo i cameraman su uno dei quad che mi raggiungono e fanno le ultime riprese a 2km dall’arrivo. Ci siamo, è ora. Siamo all’arrivo. Ormai le gambe vanno come se non avessero mai corso e il cuore pompa tutta l’energia che serve per darmi l’ultima spinta.
Vedo l’arco del gonfiabile blu: il traguardo
Vedo l’arco del gonfiabile blu della 100Km del Sahara che mi attende. Lo speaker al microfono è li che annuncia i vari arrivi. Sento il mio nome ed è la volata finale. Lo passo d’un fiato e subito dopo sono li pronto a farmi mettere la medaglia del Finisher al collo. Dichiarazioni alle telecamere e subito dopo vado ad abbracciare Roberto che è li ad attendere i vari arrivi.
La sabbia che ho addosso è una quantità impressionante, mi brucia in bocca e negli occhi. Saluto i miei amici di tenda Salvo e Nino che hanno dovuto abbandonare e che sono li anche loro per abbracciare noi all’arrivo.
Vedo l’arco del gonfiabile blu della 100Km del Sahara che mi attende. Lo speaker al microfono è li che annuncia i vari arrivi. Sento il mio nome ed è la volata finale. Lo passo d’un fiato e subito dopo sono li pronto a farmi mettere la medaglia del Finisher al collo. Dichiarazioni alle telecamere e subito dopo vado ad abbracciare Roberto che è li ad attendere i vari arrivi.
La sabbia che ho addosso è una quantità impressionante, mi brucia in bocca e negli occhi. Saluto i miei amici di tenda Salvo e Nino che hanno dovuto abbandonare e che sono li anche loro per abbracciare noi all’arrivo.
Un gesto di grande amicizia chd mi resterà a lungo. Arriva anche Gerson e lo abbraccio.
Ho la mia medaglia, ho corso la 100 Km del Sahara.
Ho dimostrato che è possibile con grande determinazione, con un team stupendo nelle cui mani ti metti, senza mai farsi prendere dallo sconforto o dalle scuse, preparandoti seriamente. Superando le crisi che sicuramente in ogni impresa sono li ad attenderti, se veramente vuoi qualcosa e lo focalizzi e cosa fondamentale se lo fai non solo per te ma anche per altri in modo spontaneo e generoso, come ho cercato di fare io per il Cesvi, nessuno ti può impedire di riuscire a tagliare il traguardo che ti sei posto.