Desolante: così appare il panorama occupazionale novarese come emerge dai dati Istat dell’ultimo rapporto. Non che le cose vadano meglio a livello nazionale, ma il Novarese, tra le realtà del Nord Italia che in qualche modo riescono a tenere la testa fuori dall’acqua, è certamente caratterizzato da dati sconfortanti.
Occupazione: dati drammatici
800 aziende chiuse in 5 anni, con una conseguente perdita di 6500 posti di lavoro, un tasso di disoccupazione pari all’11,3%, seguito solo dal Torinese e dall’Alessandrino, per quanto rigusarda la regione Piemonte. Regione che si attesta sul 12% di media di disoccupati, contro il 10,2% della Valle d’Aosta, l’11,2% della Liguria e l’8,2% della Lombardia. Fanalino di coda del Nord Italia, il Piemonte, al suo interno, vede province virtuose come Cuneo (dove la disoccupazione si attesta al 5,3%) e Vco (fermo al 7,3%), risultati che però non sono in grado di tenere alta una media sprofondata da altre province, tra cui appunto Novara, che è tra le province con il più alto tasso di disoccupati residenti sul territorio.
Dati allarmanti che ieri sera hanno trovato spazio in una rubrica del Tg2 (“Dentro la notizia”), che ha dipinto il Novarese come una terra dove le grandi e storiche aziende hanno da tempo chiuso i battenti, lasciando i propri dipendenti per strada. Intere famiglie oggi in cerca di un’occupazione che pare non arrivare mai: dalla Santi alla Bossi fino alla DeAgostini, il Novarese ha sofferto e soffre soprattutto oggi delle numerose perdite che negli anni, vuoi per scelte industriali errate vuoi per una pesante crisi che non sembra perdonare, hanno lasciato come eredità la presenza di migliaia e migliaia di persone in grosse difficoltà.
In tale contesto, appare un’isola felice la vicinissima Lombardia che, invece, guida il Nord Italia con un dato dei disoccupati certamente più contenuto delle vicine regioni che giacciono nella pianura Padana.
Soltanto la Santi, ad esempio, quando ha consegnato i libri in tribunale, ha perso un centinaio di dipdenti; alla Bossi, nel tessile oggi in profondissima crisi, lavoravano, ai bei tempi, 500 operai ed operaie del territorio. Per non parlare della De Agostini che proprio in questi giorni sta tracciando il tragico bilancio della fine di una gloriosa epoca.
I più colpiti sono coloro che hanno un’età intorno ai 50 anni, troppo presto per la pensione, troppo tardi, forse, per reinventarsi. E in un contetso così drammatico, aumentano i casi sociali, le difficoltà quotidiane a cui famiglie una volta benestanti grazie al loro lavoro devono far fronte con continui insuccessi.
Un quadro deprimente che meriterebbe a più livelli un’attenzione maggiore.