Delitto della gioielliera, primi testi davanti alla Corte d’Assise. Ida Lagrutta fu aggredita nel suo negozio la sera del 18 novembre del 2011. Salvatore Stentardo in aula con le accuse di concorso in rapina e concorso anomalo in omicidio.
“Alle 18.55 fummo indirizzati alla gioielleria Oro 999 di Corso Risorgimento perché era scattato l’allarme; in pochi minuti raggiugemmo il posto. Parcheggiammo l’auto indietro rispetto al negozio e ci avviammo a piedi. All’interno non c’era nessuno, la luce era accesa e la porta che da sulla strada era spalancata ma quella più interna, che da accesso al negozio, era chiusa. Ci spostammo e da una finestra abbiamo visto la sagoma di una donna a terra. Non potevamo entrare e quindi chiamammo i vigili del fuoco, per aprire la porta, e il 118. Quando siamo entrati abbiamo visto una donna nell’ufficio retrostante al negozio, era incosciente e aveva ferite alla testa”. Con le prime testimonianze di chi intervenne per primo (un equipaggio della Volante) nel tardo pomeriggio del 18 novembre del 2011 nel compro oro di corso Risorgimento, si è aperta davanti alla Corte d’Assise di Novara la prima udienza (in realtà la prima fu il 28 maggio scorso ma si trattò esclusivamente di un’udienza tecnica) del processo che vede sul banco degli imputati Salvatore Stentardo, 62 anni, attualmente detenuto per l’omicidio di Maria Rosa Milani, la pensionata uccisa nella sua abitazione nei boschi di Oleggio nel 2014, chiamato a rispondere dell’accusa di concorso in rapina e concorso anomalo in omicidio di Ida Lagrutta. Stentardo non è ritenuto responsabile dell’omicidio ma, per la Procura, titolare il sostituto Ciro Caramore, sarebbe stato il mandante di quella rapina finita con un’aggressione che portò, dieci giorni dopo, alla morte della donna. Le fasi dell’indagine sono state ripercorse in aula dall’allora dirigente della squadra Mobile, Silvia Passoni e sono stati ascoltati anche gli uomini della Scientifica che eseguirono i rilievi e la repertazione di tracce di sangue trovate, all’esterno del negozio, in corso Risorgimento. “Quel giorno – ha raccontato la figlia della donna – ho visto mia mamma verso le 15, poi non l’ho più sentita. Quando siamo tornati alla sera, dopo la rapina, c’era un vassoio con dei gioielli sul bancone del negozio, prassi che di solito utilizzava quando doveva mostrare gli oggetti a un cliente, perché altrimenti erano ritirati; la cassaforte, che era nell’ufficio, era aperta. Generalmente però la teneva aperta per comodità”. Ida Lagrutta fu trovata a terra, nell’ufficio, con la testa verso la cassaforte. Due le fratture riscontrate sul capo in sede di esame autoptico, una a destra e una a sinistra, una delle quali potrebbe essere stata provocata da un contraccolpo. Il processo proseguirà il 23 luglio con altri testi per l’accusa.