Delitto della gioielliera, Stentardo: “Non c’entro”. Parla in aula l’uomo accusato di concorso anomalo in omicidio e in rapina
“Avevo confessato ma non c’entro nulla”. Una confessione, sostanzialmente, così ha sostenuto, in cambio di “garanzie”. “Dopo la condanna all’ergastolo mi sono abbattuto, mi sono ritrovato in una situazione particolare e mi sono accollato l’omicidio”. Ha esordito così Salvatore Stentardo, il sessantenne novarese (già in carcere per l’omicidio di Maria Rosa Milani, la pensionata di Oleggio uccisa a bastonate nel cortile della sua abitazione nei boschi di Oleggio) ora a processo davanti alla Corte d’Assise di Novara, con l’accusa di concorso in rapina e concorso anomalo nell’omicidio della gioielliera di corso Risorgimento. Una rapina finita nel sangue, la sera del 18 novembre del 2011: Ida Lagrutta fu aggredita e morì una decina di giorni dopo senza aver mai ripreso conoscenza. E sul bottino nascosto “Il bottino, voi continuate a definirlo, così erano in realtà poche cose”. Ma, gli ha contestato l’accusa, nel maggio del 2016, nel corso di un interrogatorio, aveva detto che quel bottino arrivava dalla rapina al Compro oro. “Io queste cose le ho dette quando ho deciso di autoaccusarmi”. “Avevo messo delle cose vicino a una casa diroccata, in mezzo a un bosco, c’erano delle piante dove io ogni tanto mettevo le cose che mi servivano. Ma sto bottino non c’è, non c’era niente. Non è stato trovato niente, hanno fatto cinquantamila buchi e non hanno trovato niente. Io dicevo del bottino a mia moglie per tenermela vicina, perché ne avevo bisogno, ma quando siamo andati lì non c’era niente”. “Prima di essere arrestato io vivevo di espedienti, nascondevo dei soldi e anche della coca. I soldi? Arrivavano dai miei illeciti”. “Cosa ci facevo quella sera (il 18 novembre, ndr) nella zona di corso Risorgimento? Non so se fosse proprio quella sera lì, comunque abito in quella zona e quasi tutte le sere andavo a comprare la droga, ma siccome sapevo che mi cercavano, aspettavo che facesse buio”.