E’ giusto pubblicizzare la possibilità di far causa ai medici durante questa epidemia?
Il personale sanitario è sottoposto ad una durissima prova e l’immaginare di dover essere messo sotto attacco anche da possibili azioni legali dirette a dimostrarne la responsabilità è un ulteriore gravosissimo peso – secondo il parere dell’avvocato Antonio Pedrazzoli – è necessario un intervento legislativo.
Abbiamo chiesto ad Antonio Pedrazzoli, avvocato novarese, un intervento riguardo alle pubblicità che alcuni studi legali stanno facendo girare sulla rete proponendosi per azioni legali dirette a dimostrare la responsabilità del personale sanitario.
Sotto il segno del COVID-19 c’è un tema che sta facendo dibattere l’avvocatura: è giusto pubblicizzare la possibilità di far causa ai medici durante questa epidemia?
“I medici e tutto il personale degli ospedali rappresentano il fronte verso la malattia – ci scrive Pedrazzoli – e sono i primi a pagarne l’amaro prezzo ammalandosi in un numero percentuale molto elevato e talvolta, purtroppo, perdendo la loro stessa vita.
Il personale sanitario è sottoposto ad una durissima prova e l’immaginare di dover essere messo sotto attacco anche da possibili azioni legali dirette a dimostrarne la responsabilità è un ulteriore gravosissimo peso.
Tutti gli organi istituzionali dell’avvocatura si sono mossi con una univoca condanna nei confronti degli avvocati, fortunatamente pochissimi, che hanno deciso di scegliere una simile eticamente dubbia via per incrementare il lavoro dei loro uffici.
Le ragioni della condanna sono per lo più derivanti dal richiamo alle norme deontologiche ed ai principi costituzionali che devono imporre a tutti gli iscritti alla categoria di non esercitare la professione in una direzione meramente speculativa.
La risposta al quesito iniziale non è, tuttavia, così intuitiva ed il problema deve essere analizzato sotto un duplice profilo.
Quella della promozione mediante la pubblicità di questo tipo di attività legale, che deve essere certamente condannato perché in palese contrasto con la vita attuale del nostro Paese che vede il personale sanitario esposto più di ogni altro per fronteggiare l’emergenza.
Quello dello Stato di diritto, che ad oggi non è sospeso e che non prevede alcuna deroga in caso si verifichino situazioni penalmente o civilmente rilevanti e derivanti dalla negligenza medica nemmeno in questo difficilissimo periodo storico.
Allo stato attuale e della normativa vigente nessuno potrà impedire ai familiari di un cittadino deceduto o pur sopravvissuto al coronavirus di ricorrere alla via giudiziaria per far accertare un caso di responsabilità medica.
Sarà, poi, un Giudice a decidere se il medico o l’infermiere chiamati in giudizio dovranno essere dichiarati colpevoli o meno.
Questo è il vero punto. È disciplinabile legislativamente un’ipotesi che funga da scudo sia in sede penale che in sede civile per manlevare i medici che oggi si stanno battendo per la vita di tutti?
La risposta non è certamente semplice perché se da un lato bisogna tutelare chi oggi ci sta salvando dall’altro ci sono i diritti dei malati.
In assenza di un provvedimento legislativo a tutela del personale sanitario, certamente auspicabile ma difficilmente compatibile con il nostro sistema giuridico, questo compito spetterà ai giudici che dovranno tenere presente sia la condizione nella quale operano oggi medici e infermieri sia i diritti di chi invoca la responsabilità medica”.