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Emanuelli: «Il più grande scrittore novarese di nascita a livello nazionale»

Enrico Emanuelli è stato il più grande scrittore novarese di nascita a livello nazionale”. Con queste parole Roberto Cicala ha introdotto il ricordo dello scrittore morto esattamente cinquant’anni fa a Milano, il 1 luglio del 1967, improvvisamente, colpito da un infarto. E l’occasione più adatta per riproporre il suo romanzo capolavoro “Uno di New York”, uscito nel 1959, vincitore del Bagutta ed ora rieditato da Interlinea.

Enrico Emanuelli: il ricordo del Centro novarese di studi letterari

“La memoria di uno scrittore – ha proseguito Cicala – è l’unico modo non effimero per ricordare un autore. Da un lato, editando i suoi libri, dall’altro conservandoli e rileggendoli”.

La straordinaria capacità di “Uno di New York” di divenire un libro di fama nazionale, pur conservando le radici di novaresità, tanto care ad Emanuelli.

Nato nel 1909, cresce in una città allora attenta alla cultura e alle occasioni editoriali. Nel 1927 pubblica, a proprie spese, “Canti per una sera” e nel 1929 “Memolo”, durante l’esperienza letteraria novarese della rivista “La Libra”, diretta da Bonfantini, che lo portera a contatto con grandi come Soldati e a farsi notare dal più grande dei critici letterari di allora, Borgese de “Il Corriere della Sera” che elogiò il giovane scrittore. La sua grande amicizia con Edmondo Poletti che radunava nella sua soffitta i novaresi più illustri da un punto di vista culturale, evocano il ricordo di una Novara che proprio non c’ è più. Ma Emanuelli diventa anche un eccezionale inviato per “La Gazzetta del Popolo”, “Il Lavoro” di Genova e per “La Stampa”, periodo durante il quale nascono libri come “La Cina è vicina” che narra della sua esperienza professionale ed umana nel paese orientale. Ma è con “Uno di New York” che Emanuelli diventa uno scrittore di rilevanza nazionale. Nel 1963 “Il Corriere della Sera” lo invita a scrivere e lui crea la terza pagina del giornale, punto letterario cruciale per la testata che lo vede a fianco di Eugenio Montale.
Emanuelli aveva ancora molto da fare, da leggere e da scrivere e l’improvvisa morte, portarono l’amico Montale a scrivere dell’ ”incredulità più forte del vero”, nel ricordo dell’amico, comparso sul Corriere del 2 luglio.

Uomo timido e riservato, sognava di rileggere la collezione della Bur del 1949; riservatezza e timidezza, ma anche grande forza, come lo ricorda Raul Capra dopo l’intervento di Cicala. La loro amicizia nata per caso e consolidatasi dopo “Uno di New York”, quando l’allora giovane Capra ne scrisse una entusiasta recensione. Quel libro che divenne anche una mostra pittorica alla Terrazza Martini di Milano. A Palazzo Faraggiana Emanuelli ricevette una medaglia ed un’altra grande novarese, Pina Ballario, lesse dei brani tratti dal lungo racconto “Una lettera dal deserto”. L’amicizia con Capra si rafforzò nel 1966 quando lui era redattore editoriale per la De Agostini e ad Emanuelli fu affidata la collana geografica “Il Timone”.

Amicizia profonda che quel 1 luglio del 1967 lasciò sbigottito anche Capra per l’improvvisa dipartita dello scrittore.

Conclude Capra con una frase estremamente esaustiva: “La memoria è tutto”.

Manuela Peroni Assandri