E’ tornata in questi giorni alla ribalta delle cronache nazionali la legge n. 3 del 2012, legge che consente a quei nominativi che non possono essere assoggettati al fallimento o ad altre procedure concorsuali (sostanzialmente privati consumatori, liberi professionisti, artigiani e piccoli imprenditori) di ‘’sdebitarsi’’ nei confronti dei loro creditori mediante la messa in liquidazione del proprio patrimonio ed un accordo che preveda la ristrutturazione del debito o il suo pagamento anche in misura non integrale. Ne ha beneficiato – prima in Italia – una contribuente della provincia di Varese che, grazie ad un pronunciamento del Tribunale di Busto Arsizio, ha visto porre fine ad una storia quasi ventennale di ingiunzioni e pignoramenti da parte di Equitalia. In parole povere, i Giudici hanno valutato i redditi della contribuente, hanno stabilito quanto le serva per vivere, hanno calcolato quanto ragionevolmente la signora potesse rimborsare, hanno tirato una riga ed hanno stabilito che – rispetto agli 86 mila euro richiesti da Equitalia – la signora ne dovrà restituire soltanto 11 mila: quelli che è in grado di pagare.
Ma come funziona le legge? Vediamolo. I soggetti che intendono ricorrervi devono trovarsi nella cosiddetta ‘’situazione di sovra-indebitamento’’, cioè un forte squilibrio tra il passivo (i pagamenti che devono effettuare ad uno o più creditori, siano essi banche, finanziarie, fisco, Equitalia, fornitori, ecc.) e l’attivo rappresentato dal proprio patrimonio (beni immobili, beni mobili, eventuali risparmi accantonati) e dal proprio reddito. Questi soggetti dovranno rivolgersi al Tribunale presso il quale hanno la residenza (o la sede, nel caso di artigiani e piccoli imprenditori), presentando una proposta di soluzione che – se accolta – risulterà vincolante per tutti i creditori, anche se – come abbiamo detto – non è previsto il pagamento integrale di tutti i debiti. Questa è la vera novità, perché fino ad oggi, per ottenere uno ‘’stralcio’’ (cioè per poter pagare meno del dovuto) occorreva il benestare del creditore.
La proposta dovrà indicare le ‘’fonti’’ (cioè i tempi ed i modi con i quali il debitore intende recuperare i soldi da destinare al pagamento dei creditori) e gli ‘’impieghi’’ (cioè i tempi, i modi e le percentuali di rimborso con i quali le ‘’fonti’’ saranno ripartite tra i creditori); tale prospetto dovrà essere redatto a cura di un professionista facoltizzato (avvocato, commercialista, notaio) o di un organo (detto ‘’di composizione della crisi’’) nominato dal Tribunale medesimo. Il piano può prevedere l’affidamento del patrimonio ad un professionista che esegua la sua liquidazione con la distribuzione del ricavato ai creditori.
Attenzione: i Giudici entreranno nel merito delle modalità con le quali si è venuta a creare la situazione di sovra-indebitamento; una cosa infatti è contrarre un debito e poi perdere il lavoro senza riuscire a trovarne un altro, altra è – magari con dolo – ottenere finanziamenti con l’evidente intendimento di non farvi fronte. Anche se, va detto, i Giudici potrebbero anche stabilire che la banca/finanziaria avrebbe potuto/dovuto accorgersi che il debitore non sarebbe stato in grado di far fronte all’impegno e perciò dare corso ugualmente alla proposta di transazione avanzata dal debitore inadempiente.
Daniele Andretta
Studio Societario Tributario – Baluardo Lamarmora, 15 Novara