Che il sesso viaggi in rete non è una novità. Che l’età media dei fruitori sia sempre più bassa anche questo è ormai un dato di cui tenere conto. Per questo motivo si moltiplicano le iniziative per comprendere meglio e contrastare questo fenomeno che riguarda da vicino molte famiglie, spesso impreparate ai nuovi pericoli digitali.
Nei giorni scorsi il Cremit (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Informazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica di Milano e l’associazione Pepita Onlus hanno presentato a Palazzo Marino a Milano di fronte a insegnanti, genitori e futuri educatori la prima ricerca condivisa in materia di sexting. Un fenomeno – fusione della parola sex (sesso) e di texting (pubblicare testo) – tanto diffuso quanto sommerso che definisce la tendenza in voga tra gli adolescenti (ma non solo) di inviare immagini e messaggi con esplicito riferimento sessuale attraverso smartphone o PC, via SMS o MMS, con diffusione sui social network.
Su 1800 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni, il 37% dichiara di aver condiviso on line segreti e immagini di un amico/a senza il suo consenso, il 50% dice di aver ricevuto messaggi di testo o foto o video da sconosciuti, il 43% ha visto condivisi in rete segreti e foto senza dare il proprio consenso, il 51% ha ricevuto immagini/video di un amico/a in costume da bagno o in atteggiamenti sessualmente espliciti.
Lo fanno soprattutto per divertimento e “per scherzo”, ma anche per far colpo e per attirare l’attenzione dell’altro sesso. Così si presenta il campione rappresentativo dei giovani italiani di oggi “affetti” inconsapevolmente da sexting, utenti di Internet al 90% e di Social Network (Facebook e Whatsapp) al 98%.
Al tavolo dei relatori la Senatrice novarese Elena Ferrara che ha presentato il ddl “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo” attualmente in discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato, che lo ha adottato come testo base in materia di contrasto al Fenomeno. “E’ un passaggio fondamentale diffondere nelle nuove generazioni un corretto principio di cittadinanza digitale. A partire dall’individuazione di un referente interno alla scuola e da una formazione puntuale che comprenda le famiglie, spesso inconsapevoli della necessità di un percorso educativo mirato e condiviso”. Assunti che stanno alla base del disegno di legge di cui la Senatrice novarese è prima firmataria. “Proprio la giornata di oggi dimostra come sia possibile far coincidere ricerca e azione, il saper fare con il fare, il virtuale con il reale. I ragazzi spesso credono siano mondi distinti, ma non è così: basta scorrere numeri e dati per rendersi conto delle conseguenze dell’uso scorretto della rete”.
Proprio per rispondere alla crescente domanda di educazione digitale da parte dei più giovani il disegno di legge prevede l’istituzione di un tavolo interministeriale che metta a sistema azioni e attività di prevenzione: “Sono i ragazzi – spiega la Senatrice – ad avvertire questa emergenza, servono risposte chiare, funzionali e concrete. Per questo il tavolo permanente risponde ai criteri di una task force operativa, sia sotto il profilo degli strumenti e delle soluzioni, sia sul fronte dell’ottimizzazione delle risorse. E’ fondamentale non disperdere risorse e fare rete per provvedere alle esigenze dei minori senza fare distinzioni tra le vittime di cyberbullismo e chi ha atteggiamenti sbagliati sui social”.
Emerge chiaramente dalla ricerca”, illustra Pier Cesare Rivoltella, direttore del Cremit, “che il fenomeno viene vissuto come assolutamente naturale tra i ragazzi alla stregua di ogni altra azione nell’abito della socializzazione e questo, anche in relazione all’età del target, è costituito da un’anima duplice: di dinamica di gioco infantile da una parte e di relazione più adulta dall’altra”.
“Mentre si abbassa l’età media dei ragazzi che vengono in contatto con questi fenomeni”, interviene l’on. Vanna Iori della Commissione Giustizia e Bicamerale Infanzia e Adolescenza, “si assiste a un impoverimento del lessico emotivo e delle relazioni familiari. I genitori vigilano mettendo filtri ma faticano ad accompagnare i ragazzi, mentre la rete si fa pericolosa sfruttando l’ingenuità dei minori arrivando al ricatto per adescarli”.