“E’ arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito”. Parole pronunciate dalla Corte di Cassazione che suonano come musica per le orecchie dei liberi professionisti. Parole che pongono fine a quello che – a parere di chi scrive – è un abominio giuridico: il presupposto stabilito per legge (la Finanziaria 2005) che i prelevamenti di contanti per i quali non si sia in grado di giustificare la destinazione del denaro, siano automaticamente da considerare ‘’spese produttive’’ per l’esercizio dell’attività che quindi ‘’generano’’ automaticamente ‘’fatturato in nero’’.
Vi sembra complicato? Facciamo qualche esempio. Non vi fidate di inserire la vostra carta di credito nel distributore automatico di benzina e quindi ci infilate solo contanti; siete ‘’allergici’’ alla moneta elettronica: la vostra banca vi ha convinti a prendere il bancomat ma voi lo usate solo per prelevare i contanti che poi usate per fare la spesa al supermercato; elargite mance e mancette a figli e nipoti, mancette che diventano più ‘’consistenti’’ a Natale e per il compleanno; aiutate un figlio che non trova lavoro o che – peggio – ha famiglia ed il lavoro lo ha perso; magari vi piace giocare e (legittimamente e legalmente) frequentate un casinò: lì vi dovete presentare coi contanti, gli assegni mica li accettano. Ebbene: se siete un imprenditore e non siete in grado di giustificare documenti alla mano cosa avete fatto dei vostri soldi, il Fisco considererà quelle somme ‘’spese di investimento’’. E se avete ‘’investito’’ avete ‘’prodotto’’. E quindi avete ‘’venduto’’. In nero! Insomma, è un gioco di prestigio: con questo ragionamento, il Fisco riesce a trasformare le uscite (i prelievi in contanti dal vostro c/c) in entrate (il fatturato in nero)! Magari, nella sua magnanimità, ve ne abbuonerà una parte, ma per il resto non ci sarà niente da fare: ripresa a reddito e conseguente verbale e relative sanzioni!
Ebbene, grazie alla sentenza n. 228 del 28 settembre 2014 recentemente pubblicata, finalmente i professionisti – almeno loro – saranno liberi di usare i loro contanti come meglio credono. Beninteso, i professionisti che non hanno ancora pagato, perché in questi dieci anni tanti sono già stati colpiti, additati come evasori ed hanno dovuto pagare. Gli imprenditori, purtroppo, restano ancora prigionieri della norma: per loro il principio utilizzato dalla Suprema Corte per dirimere la questione non vale. La Cassazione, infatti, ha sentenziato che poiché il fatturato dei lavoratori autonomi deriva principalmente dalla prestazione dei loro servizi professionali, non si può presumere – come invece per gli imprenditori – che i contanti siano utilizzati per investimenti destinati all’aumento della produzione e delle vendite.
A mio parere (ma sapete tutti che faccio il commercialista e non l’avvocato) la normativa viola, oltre che il buon senso e la buona ragioneria (se i prelievi di contanti sono considerati ‘’investimenti’’ perché vengono ripresi interamente a reddito come se fossero ‘’acquisti’’?), sia il diritto alla difesa sia l’art. 3 della Costituzione: quello che dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla Legge. Quindi speriamo che la norma sparisca per tutti. E che non siano necessari altri dieci anni.
Daniele Andretta
Studio Societario-Tributario ([email protected])