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La Dama con l’Ermellino di Leonardo, un esempio di moda e diplomazia internazionale

Quanto sono importanti il design, l’artigianato e la moda… in che modo possono essere strumenti di politica internazionale? Ce lo insegna La Dama con l’ermellino di Leonardo da Vinci, un olio su tavola (54,4×40,3 cm) databile al 1488-1490 e conservato a Cracovia.

L’opera in questione rappresenta una vera rivoluzione nell’ambito del ritratto ed un interessante esempio di iconografia, ma è anche un’esemplare dimostrazione di come la moda cambi in base ai rapporti diplomatici tra stati. Il Quattrocento si chiude con grandi rinnovamenti nella moda femminile sostituendo alla fluidità verticale delle vesti gotiche la linea opulenta della “camora”, una veste tagliata in vita, con una ricca gonna scampanata, le cui ampiezze erano sostenute per ovvi motivi pratici da un’armatura a cerchi, la “faldia”. La “camora” ebbe in verità origine da un dramma familiare che visse la corte di Castiglia nel 1468: Giovanna di Portogallo, moglie di Enrico IV, lanciò questa nuova moda per mascherare quanto più possibile una gravidanza extraconiugale… chissà che cosa sarebbe successo senza questa provvidenziale invenzione sartoriale?
Tornando alla nostra Cecilia Gallerani, la giovane ritratta con così grande maestria da Leonardo, l’inquadratura a mezzo busto non permette di verificare l’ampiezza della gonna, ma mostra un indumento particolare: la “sbernia” ovvero il mantello indossato asimmetricamente sopra una spalla, che veniva definito “alla spagnola”, lanciato alla corte aragonese di Napoli e introdotto a Milano da Isabella d’Aragona andata in sposa al duca Gian Galeazzo Sforza nel febbraio 1489. E così matrimoni, politica e moda si intrecciano in modo indissolubile alla corte degli Sforza.
Ecco che cosa racconta Daniela Pizzagalli in LA DAMA con l’ERMELLINO, interessante cronaca di una delle corti italiane più opulente di fine Quattrocento:

La sbernia di Cecilia, di raso turchino foderata in zendale “leonale”, un caratteristico giallo fulvo come la criniera di un leone, copre l’attaccatura della spalla sinistra nascondendo da quel lato l’ampia fascia ricamata che decora la scollatura della camora con motivi ad intreccio, abbastanza diffusi a quel tempo, definiti “groppi” o talvolta “vincji”. Poiché nei disegni di Leonardo ricorre più volte questo motivo decorativo, si è pensato a una sua creazione (e in questo caso il termine “vincji” potrebbe giocare col suo nome d’origine) diventata di moda grazie al suo ascendente.

E se di moda si pensa che si sia occupato anche Leonardo…

La manica della sbernia, tagliata longitudinalmente, si apre sulla manica della camora. Mentre le vesti medioevali erano corredate di maniche in tessuti e colori diversi e intercambiabili (un uso talmente universale da essere perpetuato nell’espressione “è un altro paio di maniche”), le camore si portavano di solito con maniche dello stesso tessuto, che però non erano cucite, ma allacciate all’attaccatura con nastri, lasciando fuoriuscire gli sbuffi della candida camicia sottostante, in tela di lino, che se era pregiata veniva da Cambrai. Anche le maniche di Cecilia sono uguali all’abito, in velluto “cremisino”, il rosso cupo allora di gran moda, e percorse da tagli sia trasversali che longitudinali attraverso i quali appare la camicia.

Ricordiamo che i vistosi fiocchi neri, che compaiono nel ritratto, non sono frutto del pennello di Leonardo, ma si tratta di ritocchi successivi.
I legami che in quegli anni si erano stabiliti tra gli Sforza e la corte aragonese di Napoli si riscontrano anche nella scelta dell’acconciatura della Gallerani che, se da una parte rivela la ricezione di una nuova moda, dall’altra dimostra la capacità di adattarla agli usi locali.

Di grande attualità anche l’acconciatura della Gallerani, “alla spagnola”, ma rivisitata al gusto lombardo: i capelli castani sono divisi al centro in due bande aderenti alla testa e si riuniscono sul dietro raccolti in una lunga coda (detta in milanese il “coazzone”) inserita in “trenzado”, una guaina che tratteneva e intrecciava i capelli. Dalla parte destra, una ciocca è stata portata in avanti e passata sotto il mento, un’estrosità non infrequente, documentata in diversi ritratti lombardi dell’epoca, la cui leggerezza è però stata deturpata in questo quadro da un pesante ritocco.
Sul capo, i capelli di Cecilia sono appiattiti da una cuffietta di finissimo velo trasparente, il cui orlo ricamato segue la linea delle sopracciglia, trattenuta dalla “lenza”, una striscia trasversale a metà fronte allacciata sul dietro, derivata dalla francese “ferronière”, che poteva essere di metallo o di stoffa, da cui spesso pendeva un gioiello.

Compare l’influenza di un particolare di moda francese proprio quando Ludovico il Moro, per le proprie ambizioni dinastiche, inizia ad avvicinarsi al re francese Carlo VIII, preparandone la discesa in Italia, fatale per il destino sia del Moro sia dell’Italia.
Ed ora a chiusura mi par giusto ricordare il sonetto che Bernardo Bellincioni scrisse in onore del ritratto di Cecilia Gallerani.

“Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo”.

Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura
Al Vinci che ha ritratto una tua stella:
Cecilia! sì bellissima oggi è quella
Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.

L’onore è tuo, sebben con sua pittura
La fa che par che ascolti e non favella:
Pensa quanto sarà più viva e bella,
Più a te fia gloria in ogni età futura.

Ringraziar dunque Ludovico or puoi
E l’ingegno e la man di Leonardo,
Che a’ posteri di te voglia far parte.

Chi lei vedrà così, benché sia tardo, –
Vederla viva, dirà: Basti a noi
Comprender or quel ch’ è natura et arte.
(1493)