“Per la società, la vecchiaia appare come una sorta di segreto vergognoso, di cui non sta bene parlare”: lo scriveva Simone de Beauvoir nel saggio “La terza età”. Era il 1970 e, nonostante i progressi fatti in campo medico, sanitario ed assistenziale negli ultimi 40 anni, non è che l’atteggiamento culturale comune davanti al fatto più naturale dell’esistenza, ovvero l’invecchiamento, sia poi cambiato di molto.
Ne è la riprova questa storia, che è solo una delle tante e che viene a galla per la tenacia di una figlia che non si rassegna a questo stato di fatto e che ha nel morbo di Alzheimer il suo protagonista assoluto.
“Guarda com’erano belli i miei genitori” dice commossa Marzia Vannucchi (ostetrica all’Ospedale Maggiore e con un passato anche d’impegno politico per la città di Novara) mostrando una foto d’epoca che ritrae una coppia elegante “Erano fieri ed innamorati!” commenta con la voce rotta, ma determinata!
Il “lui” della foto è Emilio Vannucchi, un uomo che alla città di Novara ha dato tanto, al pari di lei, Assunta Valenti, che lo ha sempre seguito nel suo impegno.
Vannucchi, Cavaliere del Lavoro, diversi incarichi nei collegi sindacali di importanti realtà cittadine come il Consorzio Gorgonzola, i giornali diocesani e l’Azione, è stato uno dei protagonisti dell’avvio di iniziative di successo nel mondo della cooperazione e del socio assistenziale novarese, dalla cooperativa Prisma ad Iniziativa 2…
Amico dell’allora Vescovo Monsignor Zaccheo, Vannucchi è stato anche fautore di tanti progetti nell’ambito del volontariato cattolico “Il coro della chiesa, la realizzazione della chiesa di San Bernardo… – ricorda Marzia – mio padre era sempre in prima fila, avevamo tantissimi amici, una vita sociale piena, poi…”.
Poi il lento, progressivo, inarrestabile incedere della malattia. Che ha il nome di morbo di Alzheimer “Ne sono stati colpiti tutti e due, anche se per mia madre in forma molto più grave, ovvero la sindrome di Pick. Una patologia rara, caratterizzata da stati di ansia, alterazioni del carattere e della personalità, spesso anche in forma molto aggressiva”. Per la famiglia, per Marzia e la sorella soprattutto, una presa in carico totale delle due situazioni, con tutte le conseguenze del caso…
“Ed è qui che mi sono resa conto dei limiti, gli enormi limiti del sistema socio assistenziale cittadino, che non riesce a sostenere situazioni come la nostra. Alle volte perchè non ne ha gli strumenti, altre volte per incuria e disattenzione ed è quello che fa più rabbia. C’è voluto quasi un anno, dal 20 ottobre 2015 al 1 giugno 2016 perchè l’unità di valutazione geriatrica si esprimesse sullo stato di salute di mia madre, definendo poi la sua patologia gravissima. Ho chiesto la possibilità di avere i pasti a domicilio, pagando ovviamente… Mi è stato detto che dovevo mettermi in coda: l’ho fatto… Poi mi è stato suggerito di modificare la mia richiesta ai servizi sociali, viste le condizioni gravi della mamma…: l’ho fatto. Ho chiesto ancora i pasti a domicilio, mi han detto di mettermi in coda… Ma questa coda decorre da quando? Da adesso o dalla prima richiesta? Non si capisce”…
Un vortice di burocrazia, spesso ottusa, di ore di lavoro perse a volte senza costrutto, con il rischio di mettere a repentaglio anche la professione “Nel frattempo un giro di badanti, alla ricerca di quella che andasse bene… Spese pazzesche… Finalmente per mio padre abbiamo trovato la soluzione nel Parco del Welfare, una struttura che debbo dire è di grande livello e qualità. Ne ho visitate tante e questa è davvero la migliore. Tutta la pensione del papà va per pagare la retta. Il problema vero è la situazione della mamma: finchè il suo stato di salute non viene “certificato” lei può essere ospitata presso il Parco del Welfare, ma a tariffa piena, ovvero 3600 euro al mese: nessuna integrazione da parte di Comune ed Asl…” ed anche se Marzia e la sorella lavorano, anche se i genitori hanno comunque una piccola pensione, la cifra è invero considerevole.