Si alza una brezza leggera quando il quintetto d’archi, con il maestro Gaetano Nisillio al violoncello, intona “L’internazionale”. Un vento forse propizio, un momento emozionante che regala suggestioni, spazza via parole e pensieri e lascia spazio solo alla musica.
“Per te l’Internazionale non ha risvolti politici ma racconta ancora una volta una storia umana, sociale e paesaggistica insieme”.
Così nel tardo pomeriggio di oggi, nel cortile del Broletto, l’ultimo saluto a Sebastiano Vassalli; con un funerale laico, come lui aveva chiesto.
Bandiere e gonfaloni a rappresentare le città dove ha vissuto, che ha reso protagoniste dei suoi libri e che ha amato, fiori (ma solo sulla bara, come espressamente richiesto dalla famiglia), un palco sobrio… Ma soprattutto la sua macchina per scrivere con dentro un foglio scritto a metà: la prima pagina dattiloscritta de “La Chimera”, il libro che più di tutti lo portò al successo letterario.
Gente tanta: parenti, amici, autorità, conoscenti, giornalisti e fotografi, ammiratori…
“Per cercare le chiavi del presente e per capirlo bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla”.
“Hai scritto che non volevi né liturgie né discorsi e così facciamo – dice Roberto Cicala di Interlinea, editore e grande amico di Vassalli – nel letto, senza speranza, dell’ospedale, aggrappato alla mano di tua moglie Paola, capitava che tu aprissi gli occhi con lo stesso sguardo dell’incipit del tuo capolavoro “Dalle finestre di questa casa si vede il nulla“. Il tuo rifugio e la tua maniera di comprendere la vita e il mondo è stata la scrittura, sono state le parole”.
Una carriera cominciata prima con i tumulti della contestazione degli anni ’60 e ’70, ma che paradossalmente è culminata con il silenzio, con la riflessione “Dalla voce urlata – ha detto ancora Cicala – sei passato al silenzio. Le prospettive più forti ti si sono rivelate non quelle dell’attualità o dell’avanguardia ma quelle ritrovate nella storia, guardando indietro dalla tua finestra. Deluso dal presente hai cominciato a ritirarti per scoprire un senso nelle vicende del passato, perché le cose viste a distanza si comprendono meglio”.
Critico spesso scomodo “disposto sempre a pagare sulla propria pelle i rifiuti intellettuali, il carattere poco accomodante. Eppure capace di grande generosità ed ironia”.
“La tua investigazione letteraria delle radici e dei segni di un passato che illuminasse l’inquietudine del presente e ricostruisse il carattere nazionale degli italiani è approdata, dopo il Seicento de “La Chimera”, al Settecento di “Marco e Mattio”, all’Ottocento con “Il cigno” e successivamente con “Cuore di Pietra” dove ricreavi l’epopea della storia democratica dell’Unità d’Italia fissando come protagonista Casa Bossi”, il prestigioso edificio antonelliano dove lo scrittore effettivamente visse per molti anni.
Una commemorazione intercalata dalla voce limpida di Lucilla Giagnoni, l’attrice che forse ha saputo meglio interpretare le parole di Vassalli e che dopo la Chimera ha letto un brano di “Terre Selvagge” dedicato all’Europa “Come era grande e misteriosa l’Europa, centouno anni prima della nascita di cristo! Quell’insieme di pianure, di montagne, di mari e di fiumi e di laghi, di foreste e terreni coltivati, per chi ci viveva era il mondo… Tutti i tentativi di unirla e dominarla sono falliti… Ma ora che tutte le sue guerre sono state combattute, che tutte le sue terre fertili sono state divise e coltivate e che tutte le sue foreste a sud delle Alpi sono state bruciate per farne carbone, l’Europa potrà tornare ad essere il centro del mondo se riuscirà ad accordare gli strumenti di un’orchestra perché suonino tutti insieme una sola musica. La musica del futuro”.
Infine l’omaggio ad un progetto: quello di vedere trasformata la sua casa fra le risaie in un museo e centro studi, quella stessa casa dalle cui finestre Vassalli guardava il mondo, commentandolo nelle numerose rubriche su giornali e riviste di cui è stato autore.
Il Sindaco di Novara Andrea Ballarè, intervenuto brevemente, ha annunciato che a Vassalli sarà data la cittadinanza onoraria.
“Alla fine non hai potuto più tenere la penna in mano – dice Cicala – ed a te che non hai mai usato il computer restava solo la voce e dicevi: come Omero, il padre di noi narratori, che non scriveva. Finchè resteranno in vita due persone, ci sarà chi racconta una storia e chi l’ascolta”…
SS