Molti e molto spesso hanno scritto sulla vicenda epocale delle Mondine in terra Novarese e Vercellese. Oggi credo sia più importante che mai, ricordarne un paio di momenti particolarmente significativi. Innanzitutto non è affatto vero che le Mondine arrivassero nelle nostre zone con il triste volto delle condannate al duro lavoro dei campi. Se e’ vero, com’è vero, che il lavoro dei campi era durissimo, è anche vero che lasciavano, almeno per una quarantina di giorni, una situazione lavorativa ancora più dura. Quella sicuramente non regolamentata dalle famose otto ore. Quella della famiglia, dei figli piccoli, degli orti da zappare, dei pranzi e delle cene da preparare.
Quando partivano per la monda, sapevano che “solo” otto ore di impegno sarebbero state loro richieste. E la sera, nonostante la stanchezza della giornata, non mancava qualche semplice e umile divertimento.
Insomma, quasi una vacanza per di più retribuita. Quando, poi, durante il lavoro in risaia qualche sanguisuga si attaccava alle loro gambe, ovviamente la staccavano e la gettavano lontana. Ma non sempre. Durante gli ultimi dieci minuti di lavoro le lasciavano attaccate a succhiare il sangue.
Appena uscite dall’acqua della risaia, le staccavano, le mettevano in un barattolo e correvano a venderle al farmacista più vicino. Il tutto per pochi centesimi di lira. Il farmacista le avrebbe poi rivendute ai medici che le utilizzavano per fare i salassi.
Non posso fare a meno di considerare che certi eventi dovrebbero essere resi noti, sia alle nuove generazioni, forse un po’ viziate da troppe comodità, sia a quei politici che si sentono in dovere di tassare a destra e a manca. Il benessere non è mai piovuto dal cielo come manna nel deserto, ma da sacrifici oggi inimmaginabili.
Paolo Nissotti