Lavori edili al centro della sparatoria di Tornaco in odore di ‘ndrangheta: l’imprenditore della Bassa si era rifiutato di eseguire delle opere aggiuntive su delle villette alle porte di Torino
C’è una questione di lavori edili sullo sfondo dell’agguato armato, avvenuto lo scorso 10 gennaio a Tornaco, che questa mattina ha portato in carcere 4 persone che, secondo gli investigatori, hanno “rapporti oggettivi e di frequentazione con esponenti di spicco della ‘ndrangheta”.
Tutto era iniziato fra la primavera e l’estate dello scorso anno a Brandizzo, nel torinese, dove è avvenuto il blitz all’alba. L’imprenditore edile di Tornaco aveva avuto l’incarico di ristrutturare cinque villette a schiera da parte dell’impresa edile della famiglia Carbone. Tutto era filato liscio fino ad agosto: i lavori concordati erano stati portati a termine, ma Giuseppe Carbone aveva chiesto delle aggiunte a costo zero e il collega della Bassa si era rifiutato di eseguirli. Da lì in poi sono iniziate le intimidazioni.
Prima la “visita” di 4 soggetti che avevano cercato di convincerlo a proseguire le opere, sferrandogli un pugno e vantando conoscenze “altolocate” a San Luca (Reggio Calabria). A dicembre Giuseppe Carbone si era presentato a casa dell’imprenditore di Tornaco, facendogli capire di avere con sé una pistola e pretendendo 10.000 euro in contanti per chiudere la questione. Ma in risposta aveva ricevuto un altro secco «no», perché il tornacese vantava ancora un credito di 20.000 euro per i lavori già eseguiti.
Così si è arrivati alla sera del 10 gennaio. Poco prima delle 21 a Tornaco qualcuno suona il citofono, risponde la figlioletta dell’imprenditore. Dall’altra parte una voce maschile chiede “C’è papà?” e pochi secondi dopo parte una raffica di 13 colpi contro il portone. I Carabinieri ammettono che se qualcuno fosse stato in cortile, difficilmente si sarebbe salvato da quei colpi “sparati ad altezza uomo”. L’imprenditore chiama il 112 in preda al terrore e partono le indagini.
Controlli e intercettazioni telefoniche svelano che a Tornaco quella sera erano arrivati Giuseppe Carbone, Francesco Ierardi e Davide Visentin con la Fiat Panda di quest’ultimo. Secondo gli inquirenti il mandante della spedizione punitiva è Guido Carbone, fratello di Giuseppe. Tutti sono stati arrestati questa mattina all’alba. Il cognato Francesco Ierardi ha tentato di fuggire, scavalcando il muro di casa e attraversando la ferrovia, ma è stato braccato grazie alla presenza dell’elicottero dei Carabinieri di Volpiano. I 4 si trovano in carcere a Ivrea con le accuse di concorso in tentata estorsione aggravata dall’uso delle armi e concorso in detenzione e porto abusivo da arma.