
Galleria San Federico a Torino, prestigiosa sede di Finpiemonte, la “cassaforte” della Regione (touring.it)
Potrebbe essere Giuliana Manica, storica esponente della sinistra novarese, il prossimo presidente di Finpiemonte, la cassaforte della Regione. La voce gira insistentemente negli ambienti torinesi ed a voler ben guardare la lady di ferro della politica gaudenziana, già assessore al turismo nella giunta Bresso (anche se con quest’ultima i rapporti non sono mai stati idilliaci), ha un curriculum politico di tutto rispetto ed una conoscenza delle “cose regionali” che le consentirebbe di ambire a buon titolo alla poltronissima di Galleria San Federico. Consigliere regionale dal 1995, capogruppo dei Ds, presidente della Consulta delle Elette, attualmente è anche presidente regionale del Pd. In più Manica è anche uno dei pochi consiglieri uscenti a non essere stata lambita dall’inchiesta giudiziaria su “rimborsopoli”…
Insomma con un tale pedigree difficile immaginare Manica non impegnata in un qualche ruolo di vertice, visti anche i buoni rapporti con Chiamparino ed il suo entourage.

Giuliana Manica
D’altra parte che lei sia ancora attratta dalle sirene torinesi è fatto risaputo tanto è che ad un certo punto si parlò pure di una sua ricandidatura in consiglio regionale, stoppata però dalle regole, in quel caso ferree, dello statuto del Pd. Dunque Finpiemonte, attualmente presieduta da Fabrizio Gatti (che aveva sostituito in corsa Massimo Feira- finito in guai giudiziari per la sua attività professionale – sponsorizzato dagli allora forzisti Coppola e Ghigo, poi accasati in Ncd) e che vede un altro novarese, Roberto Santagostino, alla presidenza del collegio sindacale, sarebbe una buona occasione per lei… Insomma come il cacio sui maccheroni…
Peraltro l’interesse del neo governatore per le cose novaresi è di stringente attualità: di pochi giorni fa infatti una sua lettera inviata alla stampa locale di appoggio incondizionato alla ricandidatura di Andrea Ballarè quale sindaco di Novara. Una presa di posizione che era parsa estemporanea (così come la mossa del primo cittadino, in effetti) ma che a questo punto potrebbe essere interpretata come un tentativo, nemmeno troppo velato, di sedare ogni possibile voce di dissenso interno, mettendo tutti davanti al fatto compiuto, in favore di una pace territoriale che Manica avrebbe tutto l’interesse a mantenere tale.
Chi se non il “Chiampa”, forte della sua recentissima affermazione, poteva con il suo endorsement cercare di fugare i dubbi di quanti, soprattutto dentro il Pd Novarese, si mostrano scettici circa la scelta di una riconferma di Ballarè (senza primarie, senza dibattito…), nella convinzione che un conto sono i voti conquistati dal partito anche a Novara alle regionali ed alle Europee, un conto è l’azione amministrativa e la popolarità di questa giunta, spesso criticata pesantemente, anche se sovente a microfoni spenti, dalla stessa maggioranza?
Una partita insomma quella di Finpiemonte – Novara giocata tutta sull’asse Chiamparino-Manica ed oggi probabilmente facilitata dalla nomina di Domenico Rossi in consiglio regionale, grazie ad una rilettura da parte del Ministero dei risultati elettorali. La questione dell’equilibrio della rappresentanza dei territori è infatti un tema che sta parecchio a cuore al presidente della Regione, come egli ha spesso dichiarato e dunque una Novara in grado di esprimere due consiglieri (di cui uno diventato assessore) ed un presidente di partecipata (di quella partecipata per di più), sarebbe stata cosa forse troppo difficile da far digerire non solo ai torinesi, ma pure al resto del Piemonte. Così, con l’elezione “neutrale” di Rossi, i giochi potrebbero riaprirsi.
A latere di tutto questo, ma forse meno casualmente di quanto si possa pensare, l’uscita da Sel del vice sindaco di Novara Nicola Fonzo e dei consiglieri comunali Pagani e Rossetti (insieme ad altri 95 iscritti, questi ultimi però prevalentemente aronesi) che si è consumata rumorosamente la scorsa settimana, ufficialmente per la non condivisione della linea politica nazionale del partito. In realtà il dissidio interno al movimento di Vendola sotto la cupola aveva avuto origine dall’approvazione da parte della maggioranza del consiglio comunale del milione di metri quadrati di aree industriali di Agognate, una posizione che era stata avversata dalla base del partito. Ebbene non v’è chi non veda in questa fuga l’affermazione di una sorta di stampella ulteriore alla conferma della ricandidatura di Ballarè che a questo punto, a furia di “aiutini”, potrebbe ritrovarsi davvero senza competitor di livello dentro il partito.