E’ la Responsabile della struttura complessa di recupero e rieducazione funzionale a Novara: 61 anni, Marilena Bellotti affronta quotidianamente situaizoni complesse, dolorose, difficili.
“Mi occupo principalmente di disabilità, vedo situazioni sia familiari che individuali davvero drammatiche e penso che al di là dei problemi che tutti hanno sono una donna fortunata”.
L’entusiasmo di Marilena si è trasformato nella volontà di dare qualcosa a chi è stato meno fortunato di lei: “Ecco perchè con l’Oftal ho deciso 35 anni fa di andare Lourdes, un po’ per fede, un po’ per me stessa. Un’esperienza coinvolgente, straordinariamente formativa: inizialmente ci andavo come volontaria, poi, con un’amica, sono diventata hospitalière”. Marilena quando è a Lourdes aiuta i disabili ad immergersi in piscina quando arrivano in barella. “Questo quando è possibile; in caso contrario il primo pensiero è di metterli in sicurezza. Prendo dei panni bagnati e porto l’acqua da loro”. In casa la chiamano la “zia di Bernadette”. “Non ho mai assistito ad un miracolo vero e proprio, ma tra la gente c’è molta superstizione. Sperano tutti nel miracolo, ma si vede anche molta fede. E’ un’esperienza che completa. Tornerò ad agosto”.
Ma un’altra avventura attendeva Marilena: “Mia figlia si è laureata in medicina. Le ho regalato un viaggio”. Non un viaggio qualunque, ma un viaggio di lavoro, in Perù. “Con Claudio Iodice, infermiere dell’Asl, siamo andate ad Abancay, in un orfanotrofio femminile dove ci sono un centinaio di bambine che ho visitato insieme a mia figlia. E’ stata un’esperienza incredibile. Le bambine ci hanno accolto con canzoni italiane, non finivano più di abbracciarci. La loro caratteristica è che si nutrono quasi esclusivamente con pane e insalata. Cucinano, puliscono, fanno i lavori e vanno a scuola a turno”. Non mangiano carne: “Per questo siamo andati al mercato e abbiamo acquistato un toro, lasciando dei soldi perchè ne possano comperare dell’altro nei prossimi mesi”.
Marilena e sua figlia hanno visitato centinaia di bambine e ragazze, non solo quelle dell’orfanotrofio, ma anche quelle che arrivavano dalla valle e dalle colline intorno alla struttura. “Tra loro, c’erano anche ragazzine di una casa famiglia che accoglie bimbe che hanno subito violenza in famiglia, bambine che non possono andare a scuola, bambine abbandonate, sole, senza una famiglia”.
Nonostante le difficoltà e il disagio, “nei loro occhi ho visto tanta serenità: giocano, ridono e il lavoro sembra che non pesi loro”.
Marilena è rientrata dal Perù a marzo, “ma voglio tornarci al più presto, per me, per mia figlia e per tutte quelle bambine che hanno bisogno di cure, di esami, di attenzione. Anche se a volte ci si sente impotenti di fronte a certe situazioni, qualcosa che si può fare c’è sempre. Abbiamo iniziato un percorso che necessariamente dobbiamo portare avanti”.