“Mi picchiavano e mi costringevano a prostituirmi”, suoceri a processo. In aula il racconto sofferto di una quarantenne straniera. “Dovevo consegnare in casa tutti i soldi. Non mi lasciavano neanche gli spiccioli per il caffè”
“Mi sono sposata nel 2005 e siamo andati a vivere in un appartamento (alla periferia di Novara, ndr) con i suoi genitori. Mi prostituivo sulla statale per Arona, mi accompagnavano loro in macchina; guadagnavo 400, 500 euro a sera ma i soldi li dovevo dare in casa, e se non li davo me li prendevano dalla borsa, a me non lasciavano neanche gli spiccioli per il caffè. Era lei, mia suocera a chiedermeli, mi picchiava, mi buttava fuori di casa e mi diceva “devi andare perché devi portare a casa i soldi per pagare l’affitto”. Sono rimasta incinta e ho dovuto andare sulla strada fino all’ottavo mese di gravidanza. La spesa la facevano con i miei soldi; loro mangiavano il primo, il secondo e il contorno e a me davano solo un piatto di pasta. Ho fatto tutta la gravidanza mangiando solo pasta…Se dicevo che avevo fame, che volevo qualcosa in più, mi insultavano”. Una lunga testimonianza quella resa in aula da una quarantenne straniera, dal passato già tormentato nella sua terra d’origine; una storia maturata e consumata in un ambiente caratterizzato dalla povertà, non solo economica. Secondo l’accusa la donna veniva maltrattata, picchiata, sottoposta a vessazioni di ogni tipo e anche costretta a prostituirsi non solo dal marito, italiano (già processato per le medesime accuse, e condannato in tribunale a Novara) ma anche dai suoceri, 59 anni lei, 71 lui, chiamati ora in aula a rispondere dei medesimi reati. “Quando è nata la mia bambina volevo portarla da mia mamma per fargliela conoscere – ha aggiunto tra le lacrime – Mi hanno fatto i biglietti di andata e ritorno ma poi, quando è stato il momento di partire, mi hanno impedito di portarla con me, aveva solo pochi mesi. Ho dovuto lasciarla ai miei suoceri e dieci giorni dopo, quando sono rientrata, ho trovato mia figlia dimagrita, bianca, stava male, non la cambiavano e le era venuta anche una dermatite”. Il processo, con i primi testi, era iniziato l’anno scorso ma lei non si era mai presentata in aula. Avevano però reso testimonianza un uomo, che aveva conosciuto in ospedale e con il quale si era confidata, e un’assistente sociale che l’aveva seguita. Si torna in aula a gennaio.