Minori e social, è emergenza. Paolo Picchio: “Così uccidono ancora Carolina”. Dopo il caso di Milano la Fondazione lancia un manifesto per richiamare istituzioni e colossi del web alle proprie responsabilità.
Minori e social, è emergenza. A lanciare l’allarme, dopo il caso di Milano, è la Fondazione Carolina. “A 11 anni non si può stare su WhatsApp. Neppure a 13. L’età minima per frequentare la chat più diffusa a livello globale, per gli Stati dell’Unione europea è pari a 16 anni – dice Paolo Picchio, papà di Caro – Cosa fanno i social network per rispettare questa direttiva? Cosa fanno i colossi del web per contrastare le false identità nel web?”. “In una chat di gruppo, mentre si gioca su internet, all’interno di un social network, ogni “amico online” dovrebbe corrispondere ad una persona reale – aggiunge – Conosciuta e coetanea dei propri figli. Invece sono i genitori stessi ad iscrivere i priori bambini sui social… “così stanno buoni”. Non è più tollerabile che in quinta elementare si possa concedere il cellulare per il semplice motivo che… “tanto ce l’hanno tutti” E’ davvero così che ci prendiamo cura dei nostri figli?”. La sicurezza e la serenità delle famiglie sta passando in secondo piano rispetto alle regole del mercato e di un progresso tecnologico costruito su amoralità e indifferenza. “Fondazione Carolina mette a disposizione delle scuole la sua equipe interdisciplinare per garantire alle scuole un supporto di prossimità e tempestivo nei casi più gravi di bullismo e cyberbullismo. Un servizio che abbiamo esteso in via sperimentale per gli educatori di 120 oratori estivi, che possono segnale gli episodi direttamente tramite la App 1SAFE” spiega Ivano Zoppi, direttore di Fondazione Carolina. “Ma tutto questo non basta – aggiunge – Serve un patto di corresponsabilità, in cui nessuno si può sottrarre. Papà Picchio e tutte le anime della nostra Onlus stanno predisponendo un manifesto che impegni i principali stakeholder, pubblici e privati, a sedersi attorno ad un tavolo (possibilmente fisico) per il rispetto delle regole esistenti e per individuare risposte nuove e coordinate alla sofferenza dei minori, dentro e fuori la Rete”.