Buongiorno
Novara

Non solo Masterchef: al Ravizza si studia, ma con i piedi per terra

Il boom di iscrizioni che ha riguardato gli istituti alberghieri di tutta Italia, con il caso clamoroso del Beccari di Torino – dove alcuni studenti si son visti rifiutare la possibilità di frequentarlo perché ripetenti vista la scarsità di posti disponibili – e le richieste di realizzare nuovi presidi scolastici anche nel cuneese, non sembra riguardare Novara.

O meglio: qui l’incremento di iscrizioni per questo indirizzo di studi c’è già stato anni fa e l’Istituto Ravizza, ad esempio, si è adeguato alle richieste, approntando una nuova sezione staccata.

Ora le classi sono in tutto 49, suddivise in dieci sezioni ed il trend è confermato dalle iscrizioni di quest’anno.

“Per noi la crescita importante c’è già stata – spiega il professor Alfio Arcidiacono, preside del Ravizza –  qualche anno fa e l’abbiamo affrontata predisponendo nuovi spazi. Ci sono stati molti cambiamenti, anche dal punto di vista qualitativo e questo credo che gli studenti e le loro famiglie l’abbiano apprezzato “.

Insomma qui a Novara la scelta “dell’alberghiero” non sembra soltanto una questione di moda, sulla scia di trasmissioni televisive di successo come Masterchef e Cucine da Incubo, o sull’onda delle carriere delle star dei fornelli come Cracco, Davide Oldani e Cannavacciuolo

“In verità credo che la motivazione che spinge i ragazzi a frequentare un istituto come il nostro sia il fatto che il settore è in crescita ed offre molte opportunità di lavoro” dice il preside.

Questo anche se non tutti diventeranno chef di primo livello, si perfezioneranno all’Alma di Gualtiero Marchesi o parteciperanno ad un reality.

“In effetti – prosegue Arcidiacono – noi abbiamo precorso i tempi, anche dal punto di vista della collaborazione fra scuola ed aziende perché moltissimi nostri studenti hanno frequentato stages alternando scuola e lavoro, così come previsto oggi dalla riforma. Abbiamo introdotto la giustizia riparativa che permette di “espiare” ad errori ed eccessi facendo del volontariato ed abbiamo lavorato molto sul fronte dell’orientamento. Questi sono i risultati di anni di lavoro, che danno ora i frutti sperati”.

Il fatto che si tratti di una scelta più consapevole e meno impulsiva (nella generalità dei casi) è certamente un dato positivo: perché è ben vero che gli sbocchi professionali sono diversi e le opportunità molteplici ma si tratta anche, sovente, di mestieri impegnativi (si lavora quando gli altri non lo fanno e non esistono domeniche e feste comandate, durante le quali si lavora di più), o che richiedono di trasferirsi all’estero o comunque allontanarsi da casa per lunghi periodi. Le specializzazioni ai più alti livelli costringono a sostenere costi non indifferenti: per rimanere in tema di fornelli il master di Cucina popolare italiana di qualità dell’Università di Pollenzo diretta da Carlin Petrini, che accetta un massimo di 20 studenti l’anno, ha un costo di 12.500 euro. Non da meno i costi per sostenere un corso di studi presso Alma, la scuola di alta cucina di Gualtiero Marchesi, ovvero il tempio della gastronomia italiana di livello.

Ma, come dicevamo, non tutti vogliono essere Cracco (anche se molti magari ci sperano). Altri si “accontentano” di professioni che oggi è comunque sono molto ricercate, non solo nei ristoranti, ma anche negli alberghi, nei bar, nelle enoteche, nei villaggi vacanze…

La cultura del cibo che si è diffusa  in Italia ha creato una clientela più esigente e chi gestisce un locale lo sa: occorre adeguarsi o soccombere alla concorrenza che si fa sempre più numerosa e spietata.

“Expo è stata una buona opportunità – dice Arcidiacono – noi abbiamo portato avanti alcuni progetti ed uno che ci sta particolarmente a cuore riguarderà il dopo Expo”…

Insomma non un fuoco di paglia…