Alla vigilia di questo terribile trittico contro Spal, Verona e Frosinone, chiunque avrebbe firmato per 4 punti, perchè una sorta di recondita paura era nell’aria e solo il raggiungimento della fatidica quota salvezza, poteva dare a tutti la bramata serenità del caso, respingendo definitivamente la sindrome di Paperino che aveva colto un po’ tutti questo autunno.
Dopo il luccicante 2-3 di Frosinone è chiaro che i 4 punti realmente conquistati, stanno persino stretti, perchè i nostri confermano una personalità ed una forza morale decisamente sopra la media, soprattutto nelle situazioni di presunta inferiorità, contro avversari di rango e con il pronostico apparentemente chiuso. Adesso con la mente libera potremmo pure fare cose pazze e dopo essere stati arbitri della corsa alla serie A, determinare il nostro destino alzando l’asticella e determinando corsa e griglia play-off.
Questo autunno, un po’ tutti abbiamo temuto il peggio e dopo il derby al “Lego Piola” persino il sottoscritto ha pubblicamente chiesto la testa di Boscaglia. In quel momento la rosa azzurra, depauperata in estate degli elementi cardine (pure per ragioni comprensibili), sembrava non sufficientemente in grado di raggiungere l’obiettivo minimo. Non tanto negli 11/14 elementi considerabili titolari, quanto nel completamento dei ranghi, in qualche caso apparsi non decisamente all’altezza di un campionato lungo, duro e terribilmente complicato. Questo fatto non si poteva certamente ascrivere alla responsabilità del mister; anzi, l’incompletezza della rosa e l’azzeramento del progetto tecnico, unitamente al clima non certamente sereno e la diffidenza che lo ha circondato, sono stati semmai gli alibi che Boscaglia poteva vantare. Ciò che almeno personalmente ho ritenuto determinante per l’avvicendamento sulla panchina azzurra, ha riguardato la gestione dello spogliatoio, che a giudicare da alcuni velenosi spifferi, sembrava quanto meno spaccato per non dire indisponente.
La logica in questi casi vuole che una società, non potendo cambiare tutti i giocatori, sacrifichi la testa del mister sull’altare di una svolta possibile.
Bisogna dare atto invece ai nostri dirigenti, di aver intrapreso una strada coraggiosa ma pure rischiosa, che ha portato alla difesa di Boscaglia ed a gennaio, al rilancio delle sue credenziali interne, attraverso un mercato che gli ha consentito di mettere in secondo piano chi non si è messo a sua disposizione, per ottenere dal mercato alcuni uomini scelti insieme a Teti per adattabilità tecnica e caratteriale, a supportare la rinnovata leadership e la svolta tattica arrivata a sorpresa dopo l’incredibile vittoria di Verona.
E’ chiaro che tutto sarebbe stato vano se Domenico Teti non avesse tramutato pani in pesci, riuscendo nel miracolo di vendere insieme Viola e soprattutto Faragò (l’uomo che ci ha tenuto in piedi all’andata) introitando importanti risorse e praticamente senza reinvestire nulla, indovinando tutte le operazioni utili alla causa. Chiosa, Cinelli, Orlandi e Macheda, sono arrivati semplicemente rovistando negli angoli di spogliatoio dimenticati dagli altri. Due in particolare i colpi di genio: Andrea Orlandi, sconosciuto talento passato persino dal Barcellona e Federico Macheda, per qualcuno un inutile azzardo perso in partenza. Il ragazzino prodigio esploso nel Manchester alla corte di Sir.Ferguson, trasformatosi presto al rango di meteora, è arrivato sotto la Cupola dopo una trattativa nella quale il nostro ds ha saputo convincere niente meno che il procuratore Mino Raiola , gran visir dei procuratori senza scrupoli, mettendo sul piatto una manciata di fagioli (che nemmeno la più povera delle panisce) e convincendo Federico ed il suo entourage a considerare le risaie l’habitat naturale per un Kiko da rigenerare. Un operazione geniale sulla quale ci sono già gettate le basi per un eventuale rinnovo, che se fosse sottoscritto, restituirebbe al Novara calcio, non solo un talento di soli 25 anni pienamente ritrovato, ma anche un ritorno economico non indifferente per un nome da spendere sul mercato anche grazie all’innegabile appeal mediatico di cui è capace il bomber bambino che ha incantato il mondo a fianco di Ronaldo.
Una stagione dai due volti dunque quella del Novara calcio. Inizio difficile, con risultati altalenanti e un impatto del mister sulla squadra e sulla piazza non esattamente esaltante; quasi come risultante dell’ennesima rivoluzione estiva spiegata decisamente male dalla società o per lo meno percepita male. Poi la svolta, innanzitutto tattica; la discesa in campo del presidente a dare una sferzata all’ambiente, con la difesa ad oltranza del progetto Boscaglia.
Così Teti dopo essere inciampato mediaticamente (non nella sostanza) nell’affaire Gonzalez, dopo il bluff Bajde e le incognite perduranti su Koch; si riscatta pienamente indovinando uno dopo l’altro gli uomini che nel girone di ritorno hanno contribuito in maniera determinante a ridisegnare i tratti somatici della rosa azzurra. Così anche grazie alla capacità di adattamento tattico di mister Boscaglia, una squadra che soprattutto in trasferta è spesso apparsa discontinua, fragile e persino pavida; ha subito una straordinaria mutazione genetica, mostrando una natura combattiva e mai doma, capace di regalare quella continuità che oggi ha portato a tagliare con netto anticipo il traguardo di una salvezza niente affatto scontata.
Il Boscaglia, mister del Novara, che discute e litiga in campo e fuori (con Galabinov e soprattutto Viola i siparietti non sono mancati), l’acquisto migliore del campionato però lo fa però tutto da solo e probabilmente più per necessità che per virtù (averne di allenatori anche fortunati!) e si chiama Andrea Mantovani. E’ l’ex granata l’uomo chiave che ha dato equilibrio e personalità alla squadra, registrando soprattutto il reparto difensivo, ma il fatto che a Frosinone Mantovani non ci fosse, dimostra che nel frattempo Boscaglia, potendo lavorare su sempre maggiori certezze ed in un clima di ritrovata fiducia, ha saputo dare un’impronta precisa alla squadra mettendoci molto del suo.
Un lavoratore, schietto e senza peli sulla lingua, che di primo acchito può persino apparire burbero e sopra le righe, anche abbandonando certi convincimenti tattici dimostrando appieno la sua umiltà; ha indovinato e vinto scommesse per nulla scontate. Mai dubitato di Calderoni ad esempio, sostenendolo dopo l’inizio problematico. Ha responsabilizzato Dickmann lanciandolo definitivamente verso traguardi ambiziosissimi. Ha insistito su Macheda vincendo critiche e resistenze, come naturale partner di Galabinov, così da rigenerare il laziale e recuperare alla causa del gruppo il bulgaro (una specie di miracolo visto il Galabinov dell’andata). C’è poi il coraggio di lanciare e sostenere i giovani (Lukanovic e Chajia) già dimostrato a Trapani e Brescia, nonché la scelta di abbandonare i fronzoli di un centrocampo che con senza Viola ha certamente perso di qualità, ma trovato sostanza e produttività all’ennesima potenza con l’innesto di Cinelli, così da liberare un super Casarini anche in zona goal, riuecendo persino a disciplinare tatticamente anche Adorjan, che invece il talento lo ha sempre dimostrato, ma prima di Boscaglia non era quasi mai apparso utile ed efficacie come quest’anno.
Mancano sei giornate per il Novara e la stagione da buona, può persino diventare ottima, con Boscaglia che potrebbe vincere altre scommesse altrettanto difficili. Proprio da Frosinone arrivano incoraggianti segnali per Scognamiglio, Selasi e Koch. I desaparecidos di stagione hanno ancora delle chance da giocarsi per dimostrare a se stessi, al mister che forse non le ha proprio indovinate tutte. Ma spetta proprio al Presidente mettere la ciliegina sulla torta, gettando fin da subito le basi per una prossima stagione dove ripartendo da queste ottime basi, ci sarebbe la possibilità di alzare l’asticella fin da subito, innanzitutto sciogliendo i nodi che riguardano le figure chiave dell’allenatore e del direttore sportivo, entrambi in scadenza di contratto.