Omicidio nei boschi di Pombia, due condanne a 30 anni. Esecutore materiale e complice erano a processo con rito abbreviato
Trent’anni di carcere per Antonio Lembo e Angelo Mancino, rispettivamente esecutore materiale reo confesso del delitto di Matteo Mendola, e complice, a processo con rito abbreviato; rinvio a giudizio per Giuseppe Cauchi, imprenditore edile cinquantenne, considerato dall’accusa il mandante dell’omicidio. Per lui il processo si aprirà il prossimo 21 gennaio davanti alla Corte d’Assise di Novara. La sentenza – accolte in toto le richieste formulate dal pm Mario Andrigo – è stata pronunciata dal gup di Novara, oggi pochi minuti dopo le 13.30. Stabilita anche una provvisionale da 50mila euro ciascuno per moglie, due figli e genitori di Mendola, e 20mila euro ciascuno per i tre fratelli. I difensori (Gabriele Pipicelli per Lembo, Cardinali e Brustia per Mancino) hanno preannunciato appello. Matteo Mendola, 32 anni, gelese d’origine residente a Busto Arsizio fu ucciso con due proiettili, poi colpito una dozzina di volte con il calcio della pistola e infine con una batteria d’auto, la sera del 4 aprile dell’anno scorso, nei boschi in frazione San Giorgio di Pombia. Il suo corpo, abbandonato nei pressi di una fabbrica dismessa, fu trovato casualmente da un pensionato la mattina successiva. I tre furono arrestati in momenti diversi dai carabinieri di Novara: il primo a finire in manette fu Lembo, bloccato a bordo di un treno diretto in centro Italia; confessò l’omicidio e chiamò in causa gli altri due. Pochi giorni dopo gli investigatori arrestarono, in provincia di Arezzo, Mancino che ha sempre ammesso di essersi recato quella sera nei boschi con Lembo e Mendola. ma di essere totalmente all’oscuro di quel che sarebbe successo. Qualche mese più tardi, nel settembre successivo, i carabinieri arrestarono il terzo uomo, indicato come il mandante.