Prostituzione «affare di famiglia»: condannati tre fratelli albanesi. Due anni di reclusione per aver costretto giovani connazionali a lavorare lungo la statale 32 e in zona Malpensa
Gestivano la prostituzione come un affare familiare, in cui ognuno aveva i suoi compiti: chi cercava le giovani da mandare sulla strada, chi incassava i soldi, e infine chi minacciava le ragazze per far capire che non si stava scherzando e che dovevano comportarsi bene.
Tra fratelli di nazionalità albanese, due uomini e una donna residenti a Novara e di età compresa tra 24 e 36 anni, sono stati condannati dal tribunale di Novara a 2 anni di carcere ciascuno per sfruttamento della prostituzione nella zona della statale 32, in particolare Varallo Pombia e poi l’area di Malpensa. Per loro il pm aveva chiesto 4 anni, mentre i difensori avevano chiesto l’assoluzione, sostenendo che la prostituta che li aveva denunciati non era credibile, tenuto anche presente che aveva in passato denunciato altri uomini con cui era stata fidanzata e che non si è nemmeno presentata a testimoniare.
I fatti nel 2012. Fermata per un controllo, la ragazza disse alla polizia che una donna albanese la obbligava a lavorare sulla strade. E diceva di far parte della “scuderia” di tre fratelli. Partirono le indagini, anche grazie a un numero di targa con cui le giovani prostitute venivano accompagnante nei boschi del Ticino, e si arrivò quindi agli imputati. Le giovani dovevano consegnare ai tre fratelli tutti gli incassi, e venivano malmenate se provavano a tenere per sé anche solo pochi euro.