E’ un 1° maggio strano, quello che oggi si celebra. Un 1° maggio ancora di crisi, di difficoltà economiche, di risvolti sociali che si moltiplicano di anno in anno. Un 1° maggio che sta perdendo la speranza.
A Novara l’emblema di questa Festa del “Lavoro che non c’è” diventa quella enorme struttura, in corso della Vittoria, dove ogni mattina, puntuali, da mesi ormai, si uniscono in un folto capannello quei lavoratori, o meglio ex lavoratori, che lì dentro, in quegli uffici, in quelle stanze, in quei laboratori hanno trascorso le loro giornate, con passione e dedizione. Sono i dipendenti delle Officine Grafiche, un’azienda dal passato glorioso i cui proprietari hanno ceduto la mission iniziale per entrare nell’alto e prestigioso mondo della finanza. Circa 150 famiglie lasciate per strada negli anni, con vari passaggi di proprietà che hanno condotto alla drammatica situazione di oggi.
Accordi sindacali saltati, speranze perdute: l’unico filo, seppur improbabile, a cui rimanere appesi potrebbe essere l’intervento del Comune, attraverso lo strumento del Piano regolatore. Sembrerebbe assurdo pensare che uno strumento tecnico possa risolvere problematiche occupazionali e sociali. In consiglio, all’unanimità, maggioranza e opposizione hanno votato una mozione presentata dal presidente del Consiglio Massimo Bosio, nella quale si chiede di avviare tale percorso. La mozione parte dal presupposto della gestione del territorio quale strumento di mantenimento e creazione di un modello di capace di costruire nuove occasioni di lavoro. “La Società, all’ atto di predisposizione del PRGC – si legge nella mozione – presentò osservazioni nelle quali chiese la trasformazione dell’area da produttivo a mix residenziale, ottenendo questa previsione, a fronte di un generico impegno di ricollocare entro 50 km l’attività produttiva; impegno che come si è visto non è stato mantenuto”: è proprio questo il punto: ora la palla passa alla Giunta che, come chiede la mozione, dovrà individuare, con la specifica commissione consiliare, “tutti gli strumenti urbanistici che possano e debbano essere messi in campo allo scopo di rivedere le previsioni del PIano regolatore relative all’area su cui insistono le Officine Grafiche De Agostini, in particolare ricordando che su quell’area vi è una concentrazione volumetrica garantita dal Piano tra le più elevate di tutta Novara, allo scopo di impedire che possano verificarsi o una delle più grandi speculazioni edilizie o, peggio, che quella porzione di territorio venga abbandonata al degrado, come molte altre nella nostra città”.
Ma soprattutto si chiede di intervenire con “un percorso che riporti ad una soluzione meno impattante per i lavoratori DeaPrinting da proporre ai soggetti coinvolti nella vicenda, al fine di tutelare i livelli occupazionali sul territorio”.
“Dobbiamo verificare la sostenibilità di uno strumento tecnico che apra la strada verso il blocco del cambio di destinazione, qualora non venga rispettato l’accordo di ricollocazione del personale entro 50 chilometri, come dice la mozione – spiega Massimo Bosio – Altrimenti il Comune sarebbe costretto a subire la scelta della proprietà che sta portando alla conclusione l’attività produttiva. Bisogna recuperare quell’accordo e trovare il modo, tecnicamente parlando, di vincolare la proprietà a rispettare l’accordo. Certo, un’amministrazione coraggiosa potrebbe attuare una variante al Piano regolatore, ma sappiamo che in politica ci sono equilibri da mantenere e rispettare. Ma tutti quanti dovremmo capire soprattutto che in gioco ci sono uomini, non macchine, dietro ai quali ci sono intere famiglie che devono contare su uno stipendio per andare avanti, mantenere i figli, mandarli a scuola e…vivere. La vicenda della De Agostini è l’emblema di un’azienda che non chiude per crisi del settore, ma perchè negli anni ’80 modifica la propria mission, passando dall’editoria alla finanza. Sono due mission profondamente diverse. Se un’impresa ha un’etica, allora dovrebbe avere la forza di considerarla e rispettarla“.
Difficile credere che ciò possa accadere e che la proprietà, dopo anni, possa tornare sui propri passi: l’estremo tentativo potrebbe essere, invece, quello di evitare un’operazione che potrebbe rivelarsi molto remunerativa sulle spalle delle famiglie che hanno perso il posto di lavoro.
Ma la De Agostini è solo l’ultima pagina di una serie di aziende del territorio che si sono arrese: chi alla crisi, chi ha scelto altre strade, chi ha semplicemente fatto due conti, convincendosi che non valeva la pena di proseguire.
E’ il 1° maggio, la festa del lavoro che non c’è, delle speranze disilluse, di uomini e donne che hanno perso il lavoro, di famiglie che non sanno come pagare l’affitto o il mutuo, una festa che è diventata tutto fuorchè una festa…