Amo le storie che suscitano tensione, che non spostano per pagine e pagine l’attenzione di una virgola, che ti fanno saltare il cuore in gola, mentre vai avanti a leggere per arrivare al responsabile finale. E quando per la prima volta ho letto un libro di Giorgio Faletti mi sono detta: “Mai più senza”. Ricordo quando fu lanciato “Io uccido” di essermi chiesta più volte: “Ma come può un comico che faceva ridere, certo, ma sul palcoscenico del Drive In improvvisarsi scrittore?”. Beh, quelle parole me le sono rimangiate subito dopo aver letto le prime pagine del suo romanzo. Favoloso… Ambientato tra l’altro in una Montecarlo che conoscevo e in un ambiente, quello radiofonico, che avevo visitato… Insomma, “Io uccido” è stato uno dei miei romanzi preferiti e Faletti uno degli autori che ho maggiormente apprezzato in questo genere letterario. Accattivante, affascinante, pieno di suspense e di significato, riflessivo, mai ambiguo, sempre con qualcosa da dire e da trasmettere, Faletti ha certamente segnato la storia del noir italiana e non soltanto.

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Piemontese di nascita, si è spento alle Molinette di Torino: la sua battaglia l’ha combattuta fino in fondo, contro un male che lo stava tormentando e che, alla fine, non è riuscito a sconfiggere. Una battaglia, nonostante tutto, portata avanti con la dignità di un grande uomo, eclettico, intenso, sensibile e creativo.
Da comico del Drive In, quando, nei panni di Vito Catozzo, diceva “Porc il mondo che c’ho sott i piedi”, è salito sul palcoscenico di Sanremo, con la canzone “Signor Tenente” e lì lo diceva già Giorgio, “siamo tutti aggrappati ad un filo…”, riferendosi alla morte di Borsellino e Falcone. Verità, verità…
E che dire della sua interpretazione nelle vesti dell’insegnante in “Notte prima degli esami”? Un film leggero, reso importante da un ruolo centrale a cui Faletti ha saputo dare la sua impronta. E poi la sua passione, la scrittura, esercitata tra la suggestione e il silenzio delle colline di Capoliveri, sulle coste dell’isola d’Elba. Passione che, dopo il primo romanzo che ha venduto 4 milioni di copie, ha destato l’attenzione del genio del thriller, Jeffrey Deaver che di lui ha detto “Larger than life”, diventerà una leggenda.
Il giorno prima della sua morte, un suo tweet sintetizzava uno stato d’animo fatto di dubbi e di timori: “A volte immaginare la verità è molto peggio che sapere una brutta verità. La certezza può essere dolore. L’incertezza è pura agonia”. E anche qui, Faletti dimostra una sensibilità che tante volte, nei suoi romanzi, emerge con forza, come quando scriveva: “Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano ..e dopo non sei più uguale. A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga, ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male”. La malattia lo ha cercato, ma stavolta la soluzione non c’era, non poteva esserci, nonostante lui abbia combattuto fino alla fine.
Lo salutiamo così, riprendendo le parole del direttore de La Stampa, Mario Calabresi: R.I.P. Giorgio, “uomo dalle tante vite, tutte ben fatte”.