I ladri fanno visita in pieno giorno all’appartamento novarese di Ferruccio Panagini ex campione di Hockey del Novara e della Nazionale. In esclusiva il racconto commosso del figlio Paolo
Rubate le medaglie di Ferruccio Panagini. Scompare nel nulla un pezzo dell’epopea hockeystica novarese e d’Italia
Medaglie, attestati, coppe, targhe e trofei, in una stanza d’appartamento a Novara. Una sorta di mausoleo privato, dove riposava la gloriosa storia dell’Hockey novarese ed italiano e l’epopea di uno sport romantico in via d’estinzione. Da ieri un pezzo di quella memoria è sparito nel nulla. Nella casa del compianto Ferruccio Panagini, pluridecorato campione di Hockey scomparso 8 anni fa proprio in aprile, sono entrati a rubare nel pomeriggio di ieri (mercoledì 28 marzo 2018) mentre l’anziana moglie riposava. “E’ successo sicuramente fra le 14.30 e le 16.00 – ci racconta Paolo Panagini, figlio dell’ex hockeysta azzurro – mia madre era a letto e non si è accorta di nulla, anche perchè è proprio un orario in cui la badante di cui ci fidiamo ciecamente, approfitta del riposino della mamma per lasciare l’appartamento” insomma un’abitudine quotidiana che ad un occhio attento e interessato non sfugge di certo, come non è sfuggita la serratura di un blindato che si può aprire con una semplice chiave “bulgara”. “Ero in ufficio quando la badante mi chiama una prima volta, chiedendomi se avessi lasciato socchiusa la porta – spiega Panagini – subito dopo la seconda telefonata, dove mi domandava se avessi portato via le medaglie di papà, a quel punto sono corso a casa ed ho chiamato la polizia”.
Un furto strano, che lascia al loro posto diversi oggetti di valore “un cristallo di Boemia in bella mostra non lo hanno neppure sfiorato” per andare a saccheggiare fra i ricordi di una vita sportiva, in particolare un centinaio di medaglie, senza quasi nessun valore tangibile se non quello affettivo “solo la Medaglia d’oro al valore atletico ricevuta nel 1953 dal Coni, era realmente d’oro” spiega Paolo Panagini con la voce rotta dall’emozione. “Mi ero deciso a trovare un po’ di tempo da dedicare alla memoria di papà, e per questo stavo valutando se donare il medagliere alla Federazione oppure meglio ancora, promuovere l’idea di un museo qui a Novara”.
Anche per questo Paolo Panagini ha organizzato insieme alla Polisportiva S.Giacomo, per il prossimo 12 maggio, il 1° Trofeo Ferruccio Panagini con diverse squadre da tutta Italia (come ad esempio Folonica e Grosseto) che finalmente tornavano nella capitale indiscussa dell’Hockey nazionale. “Papà mi raccontava di cosa è stato questo sport per la città, dove i bambini e lui per primo, andavano in giro con i pattini, dell’importanza sociale e culturale, di come la gente si radunasse intorno alla pista anche durante la settimana, non solo per le appassionate e affollatissime battaglie sportive”.
Le medaglie portate vie raccontano degli scudetti che Ferruccio Panagini vinse con la maglia azzurra del Novara e lo scudo sabaudo sul petto nel 1946/47/49/50/58/59 e 1960. Ci sono i ricordi delle 157 presenze in Nazionale dove è stato anche commissario tecnico dal 1964 al 1969; del mondiale vinto nel 1953 a Ginevra e poi il successivo titolo continentale. La coppa Latina nel 1956 a Parigi. Ma soprattutto visto l’attuale momento d’oblio che sta vivendo l’Hockey, in particolare a Novara, c’è un pezzo pregiato dello straordinario dominio di una realtà sportiva, dove il “Gin” da allenatore amatissimo della squadra della sua città, portò gli azzurri dal 1969 al 1977, alla vittoria di 8 dei 32 scudetti della sua sempre più dimenticata storia.
“Papà è nato e cresciuto in viale Buonarroti ed insieme ai suoi amichetti fra i quali c’erano Gallarini ed prof.Monteverdi, giocavano nel prato dove avrebbero costruito la pista – racconta Paolo Panagini sull’onda dei ricordi – quando arrivarono le ruspe lui si arrabbiò moltissimo, senza sapere che ciò che stava nascendo, avrebbe avuto una parte fondamentale della sua vita e in quella di tanti sportivi novaresi”. Chi ha rubato quelle medaglie senza poterne ricavare un gran che, perchè lo ha fatto? Di certo ha tolto alla famiglia ricordi ed affetti che non hanno prezzo, contemporaneamente ha inferto un doloroso colpo alla memoria di un indimenticabile campione a cui Novara e l’Italia debbono un perenne riconoscimento.