E’ stata ricostituita con decreto del Presidente della Regione Piemonte: domani per la prima volta, dopo diversi anni, si riunirà la Conferenza permanente per la Programmazione sanitaria e socio-sanitaria, l’organo attraverso cui gli enti locali territoriali partecipano alla definizione e alla valutazione delle politiche regionali in materia sanitaria e socio-sanitaria.
“La ricostituzione della Conferenza permanente per la Programmazione sanitaria rappresenta il segnale della volontà della Regione di coinvolgere gli enti locali territoriali e le forze sociali nell’elaborazione delle politiche in materia sanitaria e socio-sanitaria, rafforzando il confronto e l’ascolto- afferma l’assessore alla Sanità Antonio Saitta – Nel mese di luglio la Giunta regionale ha proposto l’abolizione del Coresa, organismo che di fatto era una duplicazione della Conferenza, per razionalizzare e risparmiare risorse. Lo scioglimento definitivo del Coresa è ora all’attenzione del Consiglio regionale”.
La Conferenza è composta per legge dal sindaco della città di Torino, dai presidenti delle conferenze dei sindaci delle Asl, dai presidenti delle Province, da 3 rappresentanti dell’Anci, 2 della Lega delle autonomie locali, 1 dell’ Associazione nazionale piccoli comuni d’Italia, 1 dell’Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani, da 3 rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali maggiormente rappresentative a livello regionale e da 1 rappresentante del terzo settore, esprime pareri e può presentare documenti sullo stato dell’organizzazione e l’efficacia dei servizi.
Nel corso dell’incontro, il primo, di domani, verrà illustrata la riorganizzazione della rete ospedaliera, con le relative intenzioni dell’assessorato e della Giunta Chiamparino di sollecitare un confronto con i territori dal quale possa emergere una rielaborazione dell’attuale configurazione delle strutture sanitarie. Alla luce del Patto per la Salute, ci sono parametri che, per legge, vanno rispettati: il vero ostacolo, come lo fu per la giunta Cota, sarà la resistenza politica che potrebbe rendere complicata una riforma che, se non verrà messa in atto, rischierà veramente di portare al default (considerato che le spese della sanità costituiscono l’85% del bilancio regionale).
Obiettivo di Saitta è quello di garantire la sicurezza dei pazienti: dunque rivedere l’organizzazione di quei reparti il cui volume di attività non ne giustifica il mantenimento. Nulla di nuovo, in realtà: da anni si parla di questo. Il problema è quello che ne pensano i rappresentanti del territorio, stretti tra la necessità di tutelare i propri piccoli o piccolissimi ospedali e di garantirsi una certa “fama” di scudiero tra i propri elettori. E nemmeno qui c’è niente di nuovo. Il compito più difficile per Saitta sarà proprio quello di superare tali limiti per garantire una riforma sanitaria efficace ed efficiente.
Che sia sempre più urgente intervenire sull’organizzazione degli ospedali e dei servizi sanitari piemontesi lo confermano anche i numeri: si consideri che in un anno (il 2013) i ricoveri totali negli ospedali del Piemonte sono stati 676.848, di cui 242.438 quelli in urgenza. I passaggi in pronto soccorso sono stati 1 milione e 768.800.
Il 90.53% del totale, cioè ben 1milione e 601.335 sono stati classificati come codici bianchi (ossia casi non gravi e non da Pronto Soccorso, ma da gestire con il medico di famiglia o in ambulatori specialistici) o verdi (urgenza differibile, cioè paziente che necessita di una prestazione medica che può essere eseguita anche dopo qualche ora, senza pericolo per le funzioni vitali).
“E’ del tutto evidente che il mio lavoro di razionalizzare la rete ospedaliera per offrire maggiore sicurezza ai cittadini nei reparti – conclude Saitta – deve per forza cominciare da accessi più appropriati al pronto soccorso, dove si formano code e intasamenti e i numeri stanno a dimostrarlo. Ho bisogno della grande collaborazione dei medici di famiglia che devono essere al mio fianco in questa battaglia. Li chiamerò per concordare modalità organizzative che aiutino loro a lavorare meglio e i pazienti a non intasare il pronto soccorso“.