Con la rinuncia alla realizzazione della terza pista, di fatto Malpensa conferma una volta per tutte una debolezza che, negli anni, ha fortemente limitato l’espansione dello scalo. Il masterplan per l’ampliamento dello scalo milanese è stato ritirato e, con esso, anche quelle opere aeroportuali e logistiche che avrebbero dovuto integrare la terza pista. La terza pista non è dunque più una priorità per Sea che di conseguenza rinuncia a fare di Malpensa un grande hub come era nelle intenzioni originarie. Esultano i Comitati nati contro Malpensa, esulta il Parco del Ticino piemontese e lombardo, esultano anche diversi rappresentanti del territorio che, negli anni, hanno combattuto contro l’ampliamento dello scalo e a favore della tutela dei comuni circostanti. Tra gli altri c’è anche la senatrice Elena Ferrara che commenta: “Ci sono voluti anni ma è stata scritta la parola fine sulla favola della terza pista di Malpensa”. E forse, la senatrice democratica ha anche ragione a definirla una favola: del resto, per rimanere in tema, nonostante la buona volontà di tutti gli attori, Malpensa non è mai riuscita a decollare, anche se le ambizioni dei poteri gestionali erano parecchio forti. Eppure tra problemi ambientali e strutturali, la priorità Malpensa non l’ha mai avuta nel panorama aeroportuale italiano.
Tant’è che l’hub è e rimane a Fiumicino, mentre Malpensa perde compagnie aeree e personale. Sono passati 16 anni dal quel lontano 1998 quando un corteo di 10 mila persone partì dal Novarese e marciò verso lo scalo milanese con l’intenzione di protestare contro la terza pista e le rotte aeree. Guidato dal Covest (il Comitato Ovest Ticino, allora presieduto dal combattivo avvocato Marina Ughetta) quel corteo fece sentire più volte la propria voce, insieme ai cittadini dell’Ovest Ticino e ai rappresentanti del territorio. Una protesta che, ad onor del vero, andò scemando negli anni, fino quasi a scomparire.
Certamente la questione ambientale ha influito sullo sfortunato destino di Malpensa.
“Questo progetto – spiega Ferrara – prevedeva un consumo di territorio ingiustificabile a fronte dei dati di traffico e che avrebbe inciso su un’area, peraltro riconosciuta di interesse comunitario come corridoio della biosfera, già fortemente provata sotto il profilo ambientale dall’attuale scalo. Una posizione che trova sostegno nelle pagine di cronaca delle ultime settimane. La conferma, da parte della Corte d’appello di Milano, del risarcimento dovuto da Ministero dei Trasporti e Sea al titolare di un’ampia tenuta a Somma Lombardo – commenta Ferrara – ha reso evidenti le ripercussioni ambientali dello scalo. Analogamente l’accordo Alitalia-Etihad conferma quanto il piano industriale necessiti quantomeno di una profonda revisione”.
E oggi, in vista delle scelte future e del nuovo piano nazionale degli aeroporti, presentato da Maurizio Lupi, si chiede un coinvolgimento maggiore del territorio piemontese, tristemente escluso, per tutti questi anni, da ogni scelta relativa a Malpensa e al suo futuro. Pensate che addirittura le rotte, all’inizio del 2000 furono disegnate su una mappa dove, al posto del Piemonte, compariva uno spazio bianco. E se ha ragione Ferrara sulla necessità di concentrarsi “su progetti seri ed azioni concrete naturalmente anche a difesa dei posti di lavoro”, va anche detto che le aspettative hanno tradito numerosi operatori del territorio novarese. Un esempio su tutti: il fallimento dell’Hotel Ramada ad Oleggio, una struttura pensata e realizzata in funzione dello sviluppo ad hub di Malpensa… Un duro colpo per il territorio. Troppe aspettative alimentate dalle dichiarazioni di Sea che con il progetto di Malpensa ha “illuso” l’economia locale. Oggi si volta pagina… Inutile parlare di sconfitte o di vittorie. Quando non decolla un progetto di questa portata quello che viene sconfitto è l’intero sistema economico, ambientale, occupazionale.