Anche le ultime speranze della Santi vengono seppellite: l’altro giorno, 1° dicembre, è andata in liquidazione la nuova Santi srl, società cooperativa di produzione lavoro Logiconf Servizi logistici (società partecipata della Zefiro di Torino). Dal 21 dicembre dello scorso anno, la cooperativa aveva assorbito il personale della vecchia Santi, cercando di salvare un’azienda e soprattutto un’attività che, sul territorio, ha caratterizzato un settore economico di successo per 116 anni.
Centosedici anni di storia e di tradizione, un capitolo che oggi si chiude drammaticamente con 65 dipendenti in mobilità. La nuova Santi non ce l’ha fatta e il 20 ottobre di quest’anno, come spiega Gabriella Mele degli Alimentaristi Cisl, “c’è stata la retrocessione dei lavoratori che erano in carico alla nuova Santi, tornati nella vecchia Santi“. La tanto auspicata ripresa produttiva non c’è stata e i dipendenti sono rientrati nel vecchio ramo d’azienda.
Otto giorni più tardi, il 28 ottobre, la vecchia Santi ha dichiarato fallimento. La mobilità, per i dipendenti, si è aperta il 19 novembre.
“Le prospettive non sono rosee – spiega Mele – Quando si dichiara fallimento si smantella o si mette all’asta. Ma potrebbe anche arrivare qualche proposta industriale che rimetta in piedi la struttura. A questo punto, comunque, è necessario riconvocare il tavolo promosso da Prefettura, Regione, Ministero per l’agricoltura per capire come muoversi e come salvaguardare se non il ramo di produzione specifico almeno la struttura e l’attività. L’attenzione è ancora molto alta“.
Del resto ci sono 65 persone in mobilità e, come prevede la legge, chi ha un’età superiore ai 50 anni avrà 3 anni di mobilità, i 40enni due e chi ha meno di 40 anni 1.
“Ci sono anche alcuni studi che stanno valutando la possibilità di mettere in piedi una cooperativa che coinvolga diversi soggetti, dipendenti, imprenditori ecc; ma per il momento sono solo parole“.
Certo resta il marchio, appetibile nonostante tutto, perché ancora oggi sinonimo di qualità. Un patrimonio, quello dell’immagine, che potrebbe venir via con un tozzo di pane ed anche se è triste ammetterlo, a questo punto, è questo l’unico elemento di speranza che resta in questa dolorosa vicenda aziendale.
E’ una corsa contro il tempo: le vicissitudini della Santi, storica azienda produttrice di un gorgonzola che ha fatto il giro del mondo, si scontrano fortemente con l’immagine di una società che comunque è stata in grado di stare in piedi per ben 116 anni. Più di un secolo di vita, per un’attività fondamentale anche per il territorio per il valore aggiunto in termini occupazionali che in questi anni ha visto succedersi di intere generazioni nell’ambito dello “staff” aziendale.
Una bella storia imprenditoriale finita male. Peccato! Ma sarebbe inammissibile ed ingeneroso attribuire tutto al destino cinico e baro… Perchè l’impressione è che la vicenda della Santi debba esser ancora scritta nella sua complessità, dato che, fra l’altro, si intreccia a filo doppio con quella di altre importanti realtà locali. Ad esempio con quella della Cssg (il Centro Smistamento stagionatura gorgonzola) ovvero la società che sta proponendo, insieme ad un altro partner, la realizzazione delle contestatissime aree industriali di Agognate. Un intreccio che ormai appartiene al passato, come è noto, ma che fa riflettere perché se da un lato c’è chi fallisce, dall’altro c’è chi realizza plusvalori astronomici su una semplice variante di piano regolatore.