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Novara

Stalking, lesioni e violenza: ex compagno a processo

Stalking, lesioni e violenza: ex compagno a processo. Prima gli insulti e le scenate poi, dopo la fine della relazione, telefonate, messaggi, pedinamenti e infine la violenza. In aula il racconto della donna: “Quella sera mi ha preso a pugni e schiaffi poi mi ha afferrata per i capelli e mi ha trascinata sul letto”

Pacata e sommessa. Ha parlato per più di un’ora davanti ai giudici la giovane donna di origine marocchina vittima, secondo il suo racconto, di una sorta di incubo iniziato un paio di mesi dopo la convivenza con un suo connazionale e proseguito anche dopo che lei aveva deciso di troncare la loro relazione. “Ci siamo conosciuti nel 2015, pochi mesi dopo abbiamo deciso di andare a vivere insieme nel mio appartamento a Novara. All’inizio tutto bene poi, all’improvviso lui si è mostrato per quello che era, una persona aggressiva; non tollerava che io lavorassi al bar perché, diceva, tutti mi guardavano. Ecco: le nostre discussioni sono iniziate proprio per il lavoro, che io non potevo lasciare perché ho anche una figlia (nata da un precedente matrimonio con un connazionale, ndr). Ha iniziato con l’insultarmi, parole pesanti, poi ha proseguito con il mettermi le mani addosso. Dopo sei mesi ho deciso di troncare la relazione, lui è partito per il Marocco per un anno circa non l’ho più né sentito, né visto”. Ma poi, nell’estate del 2017, lui si era rifatto vivo. “Telefonate, ma soprattutto messaggi, quasi tutti i giorni. Voleva incontrami perché, diceva, voleva spiegare il suo comportamento, voleva chiedermi scusa. A qualcuno di quei messaggi io rispondevo, dicevo no, non volevo incontrarlo,  nel frattempo mi ero rifatta una vita, avevo conosciuto un uomo e mi ero anche sposata. Ma lui non cedeva; così alla fine, era il mese di luglio di quell’anno, ho ceduto e ho detto: va bene, incontriamoci per un caffè”. Ma dopo quell’incontro lui era tornato alla carica: messaggi e telefonate, e anche qualche appostamento davanti al bar dove lei lavorava. “Gli avevo detto che avrei chiamato i carabinieri, la polizia, ma lui diceva che non mi avrebbero creduta”. Fino a una sera d’agosto quando lui aveva detto che aveva una cosa urgente da riferirle e che sarebbe andato a prenderla sul posto di lavoro quando lei finiva il turno. “Ma io finivo di lavorare la sera molto tardi, non mi fidavo, e così mi aveva accompagnato a casa il mio datore di lavoro. Lui era lì che mi aspettava davanti a casa. L’ho fatto salire. Ha iniziato a dire che voleva tornare con me, io gli dicevo di no, che ero sposata, che non volevo, volevo buttarlo fuori casa, lui non si muoveva, io ho preso il telefono e…”. E lui l’aveva aggredita, le aveva strappato il cellulare dalle mani poi l’aveva picchiata, prima un paio di schiaffi e poi pugni e infine l’aveva afferrata per i capelli e l’aveva trascinata in camera da letto dove aveva abusato di lei. “Sono svenuta”. “Ha chiuso la porta di casa e poi si è messo a dormire sul letto. Se n’è andato verso mezzogiorno”. Quella sera lei si era presentata comunque sul posto di lavoro ma non stava bene, era andata alla guardia medica e da lì l’avevano indirizzata al pronto soccorso. Ma di quella violenza lei non ne aveva parlato mai con nessuno, neanche con le sue amiche. Fino a una cena, una sera di ottobre, quando lui, insieme ad altre due amiche della donna, va a cena a casa di lei e al culmine di una discussione la colpisce alla testa con la forchetta. Era scattato l’arresto e in quella occasione era emersa tutta la storia. Il processo proseguirà a settembre.