“Stavo lì davanti al Penny ed ho visto questa ragazza che chiedeva l’elemosina. Dall’accento una ragazza del sud. Ho aperto il portafogli… le ho dato cinque euro. Per me cinque euro son soldi, ma conosco anche la faccia della disperazione… Lo so com’è quando arrivi a non farcela più e ti viene in odio anche la vita. Quando non hai alternative… Io quei momenti terribili li ho vissuti sulla pelle e non voglio viverli più”…
Claudio Cesta ha 44 anni. E’ un ragazzone ben piantato, occhi azzurri, una faccia simpatica. Ci incontriamo a casa dei genitori di lui: il babbo, Gerardo, ha lo sguardo di uno che non molla. Ex dipendente della Barilla, ora in pensione, mi racconta dei salti mortali che fa per dare una mano a questo figlio in difficoltà economica…
Una delle tante storie di disperazione e povertà, mi direte… Può darsi… Ma ogni storia ha i suoi protagonisti, i suoi valori e le sue ragioni d’essere e per questo un web magazine come il nostro non può trascurare di raccontarle, anzi…
Claudio vive con la moglie in una casa popolare dell’Atc, regolarmente assegnata… Paga 140 euro di affitto al mese. Ha un lavoro fisso, anche se part time come custode all’isola ecologica di Granozzo e guadagna più o meno 400 euro al mese, a seconda delle ore che fa… “Io ne farei anche di più – mi dice – ma questo è quello che ho trovato… Comunque il lavoro mi piace, ci sto bene, i miei datori di lavoro mi apprezzano, sono contenti. Prima ho lavorato qualche mese come precario, poi sono stato assunto”.
Proprio lì, all’isola ecologica, Claudio ha imparato ancora di più a dar valore alle “cose” “Tu non sai quanta roba bella la gente butta via… Interi servizi di piatti, elettrodomestici ancora funzionanti, cose che sarebbero recuperabilissime, se ci fosse una cultura diversa…” Divaghiamo…
“Mia moglie lavorava alla De Agostini, poi è stata licenziata come tanti altri… Allora non avevo lavoro nemmeno io… Siamo finiti letteralmente in mezzo ad una strada ed io ho anche vissuto al dormitorio… Poi ci siamo sistemati in un garage… Era talmente umido che eravamo sempre bagnati ed infreddoliti… Infine in un sottoscala, ma che vita è? Che prospettive puoi avere quando finisci così?”.
Facile finire nella disperazione, nella depressione, nello scoramento.
Poi finalmente uno spiraglio “Grazie ad un amico di mio padre che non finirò mai di ringraziare, sono riuscito a trovare questa opportunità a di lavoro. Mi sono sentito subito un altro…”…
Insomma ad un certo punto sembrava che per Claudio le cose si stessero indirizzando bene, nonostante tutto…
Fino al luglio scorso: “Apro la buca delle lettere e trovo una busta che mi sembrava pubblicità”. Il mittente è l’Esattoria di Roma che su incarico dell’ATC chiede 3.400 euro di affitti arretrati, pena lo sfratto. In realtà l’ammontare degli affitti non pagati, dal 2000 al 2011, è di 2.724 euro; altri 313 sono gli interessi ed ulteriori 303 euro sono le “spese di esazione” (pari all’11 per cento del totale, esclusi appunto gli interessi di legge già calcolati!). A tutto questo vanno sommate 66,84 euro di Iva…
“Io credo che il debito si sia accumulato perché in effetti per un paio di volte non abbiamo presentato la dichiarazione dei redditi e dunque invece di avere l’affitto scontato, ci sono arrivate somme più importanti da pagare, che non ci potevamo permettere. Era comunque un momento difficile…”.
“Ma che paese è – dice Gerardo – quello dove ad un disgraziato che già fa fatica e che ti deve una cifra tutto sommato modesta, accumulata in così tanti anni, gli chiedi mille euro in più o in alternativa lo butti fuori di casa? Ma che città è quella che non tiene conto delle persone più fragili, che comunque stanno dimostrando con i fatti che si stanno riscattando? Noi siamo cittadini italiani, abbiamo sempre pagato le tasse… E poi vedi quelle code di persone, mai italiane, che vengono sostenute senza battere ciglio… In giro a bighellonare dalla mattina alla sera… Altro che “Mare nostrum”! Ma se dico queste cose son razzista e nemmeno ho diritto di dirle per aiutare mio figlio… Ma ci rediamo conto?”.
“Io non so dove trovare tutti questi soldi – riprende Claudio – già papà mi aiuta con la macchina che ho a rate, poi c’è la benzina… Io non esco mai… Suono la chitarra, ma anche quando stavo in un gruppo c’erano delle spese e non me le posso permettere… L’ultima volta che ho visto il mare era il 2006, perché non posso andare in ferie, nemmeno a trovare i parenti che stanno giù… Ma chissenefrega delle ferie…”.
Anche la mamma di Claudio arriva nel salotto di casa “Lo tengono bene l’appartamento – dice – curato… Io non faccio nulla”. (Scopro che la signora è la più grande cuoca di pizza casalinga di Novara. Certificata da parenti ed amici… Mi spiega che il trucco è il tempo di cottura che non deve superare i cinque minuti al massimo calore…).
“Io chiedo solo di non essere buttato fuori. Spero di poter restituire questa somma poco per volta e di non essere sbattuto di nuovo in mezzo ad una strada o finire al dormitorio e nemmeno al campo Tav… Io in quella vita non ci voglio ricadere… Io giù in fondo non ci voglio più finire… Sto lavorando, anche se guadagno poco, mi sto dando da fare… Chiedo solo di essere considerato per questo… Credevo di essermi guadagnato una seconda possibilità…”.
Ecco la questione di fondo… La seconda possibilità… La burocrazia probabilmente non la contempla… Ed allora vien da chiedersi, in una storia come questa, chi sia “il nemico” per le istituzioni pubbliche… La burocrazia o i cittadini? Dovrebbe essere la prima in un paese civile… Ma disgraziatamente non è sempre così (però ci sarà pure qualcuno che potrà scrivere un finale positivo una volta tanto? O no?)…