Le cifre sono “ballerine”, nel senso che gli sbarchi di profughi proseguiti anche in queste ore impongono correzioni continue. Ma il dato ufficiale parla ad oggi di 180 migranti ospitati nelle strutture della Provincia di Novara.
“La maggior parte sono nella città capoluogo – spiega Anna Laurenza, dirigente dell’ufficio immigrazione della Prefettura – circa 150. Un’altra trentina si trovano ad Arona ed Oleggio Castello, in una medesima struttura ricettiva, un’azienda agricola, che ha due sedi”.
A Novara i profughi sono ospitati presso Le Grandi Volte e l’Arena (l’hotel che si trova nel palazzo La Rotonda) e presso alcuni appartamenti gestiti da una cooperativa. “Le strutture ospitanti hanno partecipato ad un bando – dice Laurenza – e ricevono 30-35 euro al giorno per migrante per la copertura dei costi di vitto ed alloggio. Altri due euro e mezzo sono la somma quotidiana data ad ogni singolo ospitato”.
In questi giorni altre 16 persone dovrebbero arrivare in città. Diverse sono anche quelle che se ne sono andate durante l’estate, facendo rimanere in sostanza invariato il loro numero da qualche mese. “Ma gli arrivi sono continuati, non si sono mai arrestati”.
Una situazione comunque al collasso perché se è vero che il sito del Ministero degli Interni assegna solo il 4 per cento degli sbarcati al Piemonte è altrettanto vero che il dato è fermo ad alcuni mesi or sono.
La notizia di poche ore fa di altri sei corpi recuperati la scorsa notte nelle acque di Lampedusa, la tragedia dei 18 migranti ritrovati senza vita di ieri, dopo che un barcone con 370 persone a bordo si era rovesciato, l’allarme sui 200 dispersi che la guardia costiera libica sta ancora cercando davanti a Tripoli sono i numeri di un’ecatombe, che si aggiungono alle innumerevoli disgrazie che si sono registrate nelle scorse settimane.
Le polemiche per l’immobilismo di Frontex (l’agenzia istituita dall’Unione Europea per il controllo delle frontiere, scarsamente dotata di risorse per operare) e le stesse critiche sollevate contro Mare Nostrum, sembrano però in queste ore aver mutato l’atteggiamento europeo nei confronti del tema immigrazione: l’obiettivo è quello di varare un nuovo piano europeo comune d’intervento che dovrà coinvolgere, oltre all’Italia, Francia, Germania, Finlandia e Spagna ed i cui dettagli dovrebbero essere discussi il prossimo mercoledì 27 agosto, in un incontro fra i ministri Alfano ed il commissario europeo Cecilia Malmstrom.
La Stampa, citando fonti della Commissione Europea rivela che già nei primi giorni di ottobre l’Italia darà l’annuncio ufficiale di sospensione di Mare Nostrum e secondo indiscrezioni una soluzione possibile potrebbe essere quella dell’arretramento del limite delle acque territoriali – attualmente quello libico – solcate dalle navi italiane (che oggi alimenta la possibilità di traversate a corto raggio, ma anche i rischi), così da costringere i trafficanti a rivedere il numero ed i mezzi utilizzati.
Certo se così fosse occorrerà verificare quali saranno le soluzioni possibili, non solo per fronteggiare la drammatica emergenza umanitaria, ma anche per capire come dare risposte concrete ad una questione che rischia di creare molte tensioni anche dal punto di vista sociale.
Come si ricorderà nel 2013, dopo il naufragio che costò la vita a 300 migranti davanti a Lampedusa, la risposta del governo italiano fu appunto l’operazione Mare Nostrum, che venne fortemenete criticata dal resto d’Europa che temeva l’incremento degli sbarchi in numero esponenziale, come in effetti è avvenuto. Un provvedimento motivato da ragioni “umanitarie” ma che di fatto si è rivelato innefficace per contenere il dramma e che a sua volta ha messo a rischio moltissime vite: secondo i dati delle ultime ore sarebbero circa duemila i morti in mare dall’inizio del 2014 (ma la stima appare per difetto perché i barconi partono continuamente e molti non vengono più rintracciati). Un mare nostrum, sì, ma anche un mare di sangue.