Passando lungo il Baluardo Quintino Sella, si incontra la maestosa facciata di Casa Bossi, nostalgicamente decaduta e poeticamente testimonianza di una delle più belle creature di Alessandro Antonelli. Certo la storia di questa dimora è interessante perché ricorda una Novara nella metà del 1800 ricca e prospera, un polo culturale e soprattutto economico invidiato e ricercato. Il primo proprietario Luigi Desanti, ricco possidente, sceglie di trasferirsi a Novara, proprio perché snodo in quegli anni di materie prime, di attività industriali e produttive e perché tutelata dalle cospicue derrate agricole. Ancora più interessante la figura di Ettore Bossi che acquisì per via ereditaria la casa nel 1927 dal padre Carlo, divenutone proprietario ufficialmente il 29 dicembre 1880. Ettore Bossi è stato un personaggio straordinario della Novara a cavallo fra i due secoli: considerato uno dei “padri” del ciclismo novarese con il farmacista Emilio Gorla e il trecatese Germano Ruggerone, si distingue lungo le vie della città per la sua fiammante automobile Isotta Fraschini; presiede la delegazione che organizza gli spettacoli del teatro “Coccia” e allo stesso tempo è consigliere e assessore comunale; è chiamato come presidente dell’Istituto Musicale “Brera, dell’orfanotrofio “Dominioni”, dell’asilo infantile di Galliate; nel 1936 inizia il suo incarico di dirigente dell’Ente Provinciale del Turismo; è un appassionato uomo di cultura e mecenate; infine nel 1944 diviene Commissario Prefettizio in Comune, dimostrando senso di responsabilità e grande equilibrio.
E proprio con Ettore Bossi inizia il ruolo centrale di Casa Bossi all’interno di Novara. Qui, tra le sofisticate sale della casa, Alfredo Giannoni concepisce l’idea della sua raccolta che sfocerà nella Donazione Giannoni ora al Broletto. Sempre qui ha la sua abitazione Olga Biglieri, conosciuta tra gli artisti futuristi come Barbara (così la chiamò Marinetti, suo mentore artistico). Se guardate dal Baluardo in alto all’ultimo piano di Casa Bossi, a destra vedrete le finestre da cui l’artista si affacciava sulla strada, godendo del bellissimo panorama del Monte Rosa e di una città che negli anni ‘30 stava crescendo ed espandendosi.
“Sono lieto di dichiarare che la signorina Barbara è una aeropittrice geniale e che con quadri importanti ha partecipato alla ultima Biennale Veneziana. […] Ho molta fiducia nel suo ingegno pittorico”.
Così scriveva nel 1938 Filippo Tommaso Marinetti.
Barbara fu una tra le prime donne a prendere il brevetto di volo a vela. E la sua passione per il volo segnò le sue prime tele, che raffiguravano le proprie “sensazioni di volo”. Barbara si era avvicinata all’ambiente futurista novarese sin dal ‘35 e vi aveva conosciuto quello che nel ‘39 sarebbe divenuto suo marito, il poeta e giornalista Ignazio Scurto. Con la XXII e XXIII Biennale nonché III Quadriennale cominciò a misurarsi da protagonista con i membri del più importante movimento d’avanguardia italiano. Nel ‘54 il marito muore e Olga, dopo aver collaborato a vari settimanali, entra in contatto con il mondo della moda e diviene giornalista specializzata. Non è esagerato dire che la sua trasmissione radiofonica Stella Polare ha insegnato a vestirsi alle italiane del dopoguerra. Oggi Barbara è conosciuta in tutto il mondo, ovviamente poco in Italia e ancora meno a Novara, per l’Albero della pace, donato il 15 agosto 1986 al Museo Commemorativo di Hiroshima. Si tratta di un rotolo telato lungo 10 metri e largo 1,80 sul quale sono riportate le impronte colorate delle mani di una gran quantità di persone disposte a formare un grande albero la cui chioma appare illuminata. Le impronte appartengono ad uomini comuni e a potenti, ad artisti, scrittori, politici, bambini, operai, premi nobel, monaci in fama di santità e persone sofferenti, tra cui anche alcuni superstiti della bomba atomica del ‘45. Barbara è stata candidata nel 2000 al premio Nobel per la pace da diverse istituzioni italiane e giapponesi.
Vorrei poi elencare tra gli illustri abitatori della casa non solo il giornalista Ignazio Scurto, ma anche l’architetto Luigi Vietti, che ha lavorato per il principe Karim Aga Khan IV. Nello stesso appartamento al secondo piano, sotto a quello abitato dai coniugi Scurto, alloggerà anche Sebastiano Vassali, che ambienta il suo Cuore di Pietra proprio in questa casa. Pochi sanno che in Casa Bossi visse anche Antonio Calderara, l’artista della luce… e poi vorrei che visitaste Casa Bossi per riscoprire l’amore che questo monumento ha avuto per la sua città nel custodire tanti e tali artisti, che hanno cambiato e raccontato il mondo.
Per chi volesse contattare il Comitato d’Amore per Casa Bossi
http://www.casabossinovara.it/Home.asp
https://www.facebook.com/pages/CASA-BOSSI/647330591998090?fref=ts