“Disinnamorato di questa democrazia”. Lo sfogo è quello di Alberto Pilone, attualmente sindaco di Varallo Pombia, una serie di incarichi istituzionali e pubblici alle spalle, tra cui la guida del vicino Comune di Pombia per diversi anni. Pilone, carta e penna, scrive al Presidente della Repubblica, al Premier, ai Presidenti di Camera e Senato e al Ministero per l’economia e le finanze. E racconta la storia del suo comune, costretto dalla burocrazia a dichiarare il dissesto: “A causa di una scelta molto discutibile, assunta, ritengo, in buona fede dalla passata amministrazione circa la gestione di un appalto per la concessione del servizio di distribuzione del gas metano, il Comune, a seguito di un arbitrato e una vertenza giudiziaria civile, si è trovato a dover riconoscere un debito nei confronti della ditta precedentemente concessionaria del servizio di circa 5 milioni di euro. Il riconoscimento, per altro obbligatorio, del debito ha comportato la dichiarazione da parte del Comune del dissesto finanziario”.
Tutto questo a fronte di una gestione finanziaria “strutturalmente in equilibrio”. Il dissesto, insomma, è stato causato da questo debito di cinque milioni.
Dichiarato il dissesto, come prevede la legge, a Varallo Pombia il Comune ha aumentato al massimo ai propri cittadini le tariffe per i tributi comunali. Nominato l’Organo straordinario di liquidazione, quest’ultimo ha concordato con il creditore (Erogasmet, ex Molteni) di chiudere il debito pagando alla ditta entro il 15 dicembre 2015 4 milioni 473 mila euro.
“Il Comune per pagare il debito deve contrarre mutuo per 3,5 milioni di euro, intervenendo con fondi propri per la somma rimanente”. E qui viene il bello: viene chiesto il mutuo e verificata la capacità finanziaria del Comune di sostenerlo, a questo punto l’operazione dovrebbe essere effettuata, come prevede la legge, dall’Organo straordinario di liquidazione, mentre “i dirigenti del Ministero, secondo loro discutibili interpretazioni, pretendono che l’operazione venga effettuata e contabilizzata come una normale operazione fatta dal Comune che contrae un mutuo per realizzare un’opera pubblica. Tale discutibile interpretazione – continua Pilone nella sua lettera – fa sì che l’operazione sia contabilizzata ai fini del Patto di Stabilità”, con conseguenze disastrose: il Comune contrae il mutuo, paga il debito, sfora il Patto di Stabilità per 3,5 milioni di euro e lo Stato sanziona il Comune per aver sforato lo stesso Patto; per quanto? Per 3,5 milioni di euro. Risultato: il Comune dovrebbe pagare il debito per un totale di 4,5 milioni di euro e in più dovrebbe pagare lo Stato per 3,5 milioni di euro a titolo di sanzione per aver sforato il Patto di Stabilità.
“Inoltre i dirigenti del Ministero consigliano al Comune di contrarre comunque il mutuo, tenere la cifra in cassa, e pagare alla ditta creditrice un poco per anno, per quelle somme che si riusciranno a spendere senza sforare il Patto di Stabilità: “Così, se la ditta accetterà, richiederà gli interessi sul capitale rateizzato e il Comune si troverà a dover pagare gli interessi allo Stato sul mutuo e gli interessi alla ditta per mancato pagamento. Se non accetterà la rateizzazione, si arriverà al secondo dissesto finanziario”.
Pilone ha fatto presente ai dirigenti del Ministero le eccezioni rilevate. Risposta “Questa è la vita!”. “Eh no! – conclude Pilone – Questa non è la vita, questi sono i miei cittadini! Cittadini che lo Stato deve tutelare: questo è quello che sta scritto sulla nostra carta costituzionale a cui io, le autorità e anche i dirigenti ministeriali abbiamo giurato fedeltà. Non ci arrenderemo. Faremo di tutto perchè questa situazione torni ad essere gestita con buonsenso ed equità”.