Al di là dei toni un po’ troppo sopra le righe – figli di una cultura politica che mira come sempre ad imporre piuttosto che convincere – è ormai innegabile che il tema delle prossime elezioni amministrative nella città di Novara sia entrato con pieno diritto dell’agenda politica locale. Era l’ora, vien da dire.
Dentro questa cornice e soprattutto sul fronte opposto all’attuale amministrazione di centrosinistra, possiamo distinguere fin da subito due correnti di pensiero che, se analizzate in superficie, sembrano inconciliabili: da un lato quella sostenuta dalle segreterie dei partiti “tradizionali”, ciascuna delle quali rivendica – legittimamente, ci mancherebbe – a vario titolo il diritto di esprimente una candidatura alternativa a quella della sedicente “corazzata” del primo cittadino in carica; dall’altro chi, superata da tempo la fase “dell’appartenenza”, considera la questione sul piano puramente amministrativo, provando a lanciare idee e spunti di riflessione che sarebbe davvero ingeneroso liquidare come il tentativo di acquisire da parte di qualcuno un qualche “peso elettorale”. Peraltro, vien da dire, fra i simpatizzanti questo approccio alternativo v’è anche chi il “peso elettorale” ce l’ha già di suo e sarebbe probabilmente un errore non tenerlo in qualche conto…
Ma al di là della solita sindrome della politica novarese a perdersi nei personalismi, la chiusura a riccio delle segreterie dei partiti di centrodestra su un tema fondamentale come quello delle primarie per l’individuazione di una figura alternativa da contrapporre all’attuale disperata amministrazione di sinistra, sembra più che altro frutto di tatticismi interni che non di una reale analisi di una situazione. Oltre che frutto di una complessità di posizioni che attengono ad equilibri non solo locali, com’è intuibile. Nella stretta logica dei numeri, infatti, ipotizzare che questo centrodestra (ben poco unito) sia sufficiente a proporre un ribaltone contro l’attuale governo di città è molto più che un azzardo. Questo nonostante l’alto tasso d’impopolarità della giunta Ballarè.
Nemmeno la segreta speranza di una composizione del quadro politico nazionale, in grado di chiarire gli equilibri di forza dentro il centrodestra, sebbene elemento auspicato da tutti, pare alle viste.
Ma anche qualora lo fosse, utilizzare le elezioni amministrative quale test per verificarne l’effettivo peso elettorale, non rappresenterebbe forse, per Novara, un rischio troppo grosso da correre?
In questo contesto l’appello del segretario provinciale della Lega Nord Luca Bona, perché a Novara “torni la politica” è certamente da tenere in considerazione. Soprattutto laddove si rivendica “trasparenza e l’indipendenza anche rispetto a certi ambienti finanziari ed economici” che nel recente passato si sono rivelati fin troppo condizionanti (anche in relazione ai reali “meriti”, ovvero l’oggettivo peso degli stessi, più sbandierato che reale) nelle scelte della politica amministrativa e con effetti deleteri. Un tema, questo lanciato da Bona, accantonato con eccessiva e sospetta frettolosità da tutti e che dovrebbe trovare ben altro livello di considerazione. “La politica deve mediare e difendere gli interessi della collettività e del territorio, mentre le banche si concentrino per fare bene le banche, aiutando le imprese e le famiglie non soltanto a parole”.
Un principio che dovrebbe essere sottoscritto in pieno. Semmai ampliato con un altro concetto, ovvero: quale politica?
Quella legata agli schemi ormai triti e ritriti dei veti incrociati dei soggetti a vario titolo coinvolti, arroccati su posizioni partigiane che poco o nulla hanno che spartire con gli interessi squisitamente locali di una Novara in declino? Oppure quella capace di aprirsi ad un confronto reale con la società civile cittadina, con il mondo delle professioni e dell’impresa, con i giovani e con la parte più significativamente vivace e volonterosa delle proprie componenti?
Non avvertire come urgente questa spinta riformatrice, questa necessità di ribaltare schemi consolidati sembra più che altro un puntiglio, una presa di posizione priva di costrutto che rischia seriamente di compromettere un risultato “facile”, ma solo sulla carta .
Oggi Novara avrebbe bisogno di mettere in campo idee nuove e la necessità di un’alternativa di governo fondata su istanze squisitamente locali, in grado di risollevarla dalla crisi in cui è sprofondata.
Un’alternativa che annulli steccati e distinguo, in nome di un interesse più alto: ovvero il bene della città e di chi ci vive. Da qui ecco che la possibilità di utilizzo di uno strumento tutto sommato semplice come le primarie comincia a farsi strada in ambienti diversi, a partire da quella “società civile” che pretende a buon diritto l’opportunità di rendersi protagonista di una scelta, che è molto di più di un test di verifica del gradimento di un potenziale candidato in chiave anti-Ballarè (sia “di partito” o meno).
Certo detta così sembrerebbe, per Novara, una rivoluzione copernicana… In realtà si tratterebbe di applicare le regole basilari della meritocrazia che, a parole, tutti sostengono di voler introdurre.
Che vi sia, consolidato, un movimento a sostegno delle primarie in città è certamente presto per dirlo. Ma è innegabile che, nell’incertezza attuale, il numero dei suoi potenziali fans stia crescendo. Con quali risultati è tutto da verificare…