Mustafà vive al quinto magazzino. E’ in Italia da 38 anni, ne ha 55. E’ regolarmente residente in provincia di Pavia. Quando lo incontriamo tra il degrado più assoluto, i calcinacci e le rovine di quello che è stato un magazzino dell’esercito, zona Sant’Agabio, gli chiediamo che cosa ci faccia qui a Novara. Lui ci racconta volentieri la sua storia, ma niente foto.
“Sono venuto a Novara per dare una mano a mio figlio che è un disgraziato. Ha sposato un’italiana, poteva starsene tranquillo, ma la sua mente è partita. L’hanno arrestato per droga e spaccio. Uscirà tra due mesi, ma io non ci sarò più”. Mustafà se ne tornerà in Marocco: “Ho lavorato per una vita qui in Italia, mi sono sacrificato e ora guardi cosa mi tocca fare”. Raccoglie la sua borsa da quello che è il “loculo” dove vive, senza acqua, senza corrente, senza riscaldamento. Da due anni Mustafà vive lì e ogni mattina con qualche accendino e qualche pacchetto di fazzoletti va in centro, a Novara, “per tirare su 5 euro al massimo”.
E’ una vita di stenti, più che una vita un tentativo di sopravvivenza. Lì dentro, tra le sterpaglie e i sacchi di immondizia che inondano quello che era il quinto magazzino, Mustafà vive insieme ad altre persone. Una decina in tutto, “ci sono anche alcuni italiani”, che abbiamo cercato ma non trovato.
” A fine agosto torno a casa, tanto qui non c’è più nulla da fare. 38 anni e guardate come sono messo”. E’ la voce della disperazione quella che esce da quell’uomo. Una voce che si associa all’unisono all’atmosfera tutt’intorno: desolazione, sporcizia, indigenza. Mustafà ci dice che, in quel luogo, la notte, succede di tutto: una zona abbandonata a se stessa, a due passi dalla cattedrale del Pisu. Chiaramente, ogni “stanza” (chiamiamole così…) occupata, lo è abusivamente. “Ma nessuno fa caso a noi. Io – ammette Mustafà – sono residente a Pavia, qui non ho nessun diritto e nemmeno lo rivendico”.
Se ne va Mustafà, scavalcando un’entrata ricavata da una rete di delimitazione.
Lì, al Quinto Magazzino, rimane soltanto un insieme di capannoni abbandonati, simbolo di un periodo decisamente più solido di quello attuale, con tutto ciò che, in questi anni di abbandono, ne è conseguito.