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Novara

Violenza sulle donne: “Non bisogna insegnare a difendersi ma a non picchiare”

Violenza sulle donne: “Non bisogna insegnare a difendersi ma a non picchiare”. All’Auditorium della Bpn “…Questo non è amore”, convegno organizzato dalla Questura

“Non bisogna insegnare alle donne a difendersi; bisogna educare a non picchiare”; e questo vale non solo per le donne; perché è violenza anche maltrattare i bambini, gli anziani, i disabili, i diversi; in una parola: i più fragili. Se i “semi” dell’educazione, del rispetto, del confronto, dell’uguaglianza venissero allocati e fatti germogliare con cura non ci sarebbe bisogno di indire “giornate”, manifestazioni, cortei, fiaccolate; non serve solo tracciarsi un segno rosso sotto l’occhio, appuntare una spilla al risvolto della giacca per sentirsi partecipi, per un giorno “calendarizzato”, di un dolore o di una lotta. Se poi, il giorno dopo, nulla è cambiato, perché è “dentro” che non è cambiato nulla.  Ecco, forse bisognerebbe iniziare da lì, dal cambiamento, dalla riflessione.

In questo senso deve essere letto il convegno organizzato dalla Questura (questa mattina all’Auditorium della Bpn) rivolto agli studenti degli ultimi due anni dei licei. “Il tema della violenza di genere è un tema delicato, trasversale – ha esordito Rosanna Lavezzaro, questore di Novara – Non ha zone franche nella nostra società, non ci sono categorie “esenti”. Tante donne trovano la forza di denunciare quando altre persone della cerchia familiare, come i figli, corrono il rischio di essere maltrattati. Quasi dicessero “Fin che maltratta me, mi può anche andar bene, posso subire e sopportare””. E per far arrivare più  diretto il messaggio ai ragazzi è stato proiettato un video tratto dalla serie televisiva la “Casa di carta”. Protagonista un’ispettrice di polizia, molto apprezzata nel suo ambiente lavorativo, donna realizzata che  racconta a un uomo la sua storia fatta di maltrattamenti. “Quel che salta immediatamente all’occhio –ha commentato il questore – è l’incredulità del suo interlocutore nel vedere in quella donna una donna maltrattata. Emerge la fragilità oltre il ruolo: “porto una nove millimetri nella fondina – dice la protagonista – e non sono in grado di prendermi cura di me stessa”. Quando comincia la storia, fatta di una serie di atti, si tende ad interpretarli, a leggerli, sai che stai sbagliando ma, come dice la protagonista, “scendi quella scala fino in fondo”. Il lui del video è un poliziotto molto apprezzato sul lavoro, e lei non lo denuncia per imbarazzo. Lo farà solo in seguito quando lo stesso uomo intraprende una relazione con la sorella di lei”. “La violenza – ha aggiunto il dottor Claudio Didino, responsabile del pronto soccorso di Borgomanero – è un fenomeno ad alto tasso di occultamento. La violenza di genere è un crimine e quel che occorre è rompere il muro del silenzio. Ma la violenza sulle donne è anche altro: è l’amica che ti dice  tieni duro in fondo non tocca i bambini; è quella dei genitori che ti dicono di non lasciare il marito. La violenza è anche quella contro i bambini, gli anziani, contro i fragili. Bisogna educare a non picchiare non a difendersi”. E se è pur vero che la violenza sulle donne coinvolge tutte le nazioni, nessuna esclusa, “nel 2017 – ha detto  Didino – il Global Gender Gap Report ci colloca all’82esimo posto su 150 paesi. Anche dal punto di vista legislativo siamo partiti in ritardo, fino al 1996 la violenza sessuale era un reato contro la morale, e non contro la persona e fino al 1981 il delitto d’onore è rimasto in vigore nel codice penale”. Quindi l’elencazione di una serie di stereotipi cui “dire no: non è vero che la violenza è causata da una momentanea perdita di controllo; non è un raptus, è un atteggiamento preciso per ottenere il controllo. Non esiste una tipologia di uomo maltrattante. Tra i fattori di rischio la convivenza affrettata, l’eccessiva gelosia, il controllo ossessivo. Il ciclo della violenza è una escalation: ottenuto quel che si vuole con la violenza, poi subentrano le scuse. Ma poi le violenze saranno sempre più e sempre più pesanti”. “Nel corso degli anni gli omicidi sono diminuiti del 56% ma in compenso sono aumentati del 97% quelli che avvengono tra le pareti di casa. Esiste una rete, bisogna intraprendere un percorso, a volte difficile, ma occorre incamminarsi. Dobbiamo fare in modo che le donne parlino, ma anche noi non dobbiamo stare zitti”.  A Novara, ha sottolineato Marilinda Mineccia, procuratore capo, vengono aperti circa 300 fascicoli all’anno, 200 sono per maltrattamenti, 100 per stalking. Il fenomeno della violenza di genere è allarmante e ancora in buona parte sommerso; le situazioni a volte più difficili continuano a restare nell’ombra”