Come un fulmine a ciel sereno, la notizia ha raggiunto nel giro di poche ore i lavoratori della Verbano Trasformatori. Nello stesso momento in cui l’azienda si appresta a celebrare il secolo di vita e di attività (nel prossimo mese di giugno) a “zero” ore di cassintegrazione, arriva la batosta: 48 dipendenti su 77 andranno in mobilità. Dai 12 ai 18 mesi, poi esperienza finita. Qualche sentore già c’era, ma mai si sarebbe immaginato un epilogo del genere.
Ma andiamo per ordine: venerdì i rappresentanti sindacali incontrano informalmente la proprietà (Terna spa) in Associazione Industriali. Qui vengono informati della decisione di ridimensionare il personale: 48 lavoratori dovranno lasciare l’azienda che non si occuperà più della produzione, ma solo della parte di “avvolgeria”. Praticamente l’87% dell’attività di Verbano Trasformatori viene smantellata e i dipendenti lasciati a casa. Oggi, i sindacati si sono presentati di nuovo in Ain dove la proprietà ha formalizzato la propria scelta, ascoltando le richieste dei rappresentanti dei lavoratori: prepensionamento, ricollocazione in altri stabilimenti (alcuni dei quali, a quanto pare, non vanno meglio di Novara, vedi Melegnano), ricollocazione in altre aziende legate al colosso Terna, riduzione degli esuberi.
Oggi, dalle 5.30, i lavoratori hanno scioperato: azienda ferma per tutta la giornata. E da domani si riprende lo sciopero alla Verbano, a singhiozzo e in modo organizzato. Questo fino alla prossima settimana, quando i sindacalisti incontreranno di nuovo Terna per ottenere le risposte finali.
Una drastica riduzione del personale che colpisce, ancora una volta, un’azienda considerata florida, dove la produzione non mancava: “Ma già da qualche tempo – spiegano i lavoratori – abbiamo notato che la proprietà tendeva a spostare il lavoro in altri stabilimenti”. Evidentemente Terna non considera strategico il sito di Novara, dove lavorano persone, principalmente uomini, residenti in città o nei dintorni, tra i 30 e i 50 anni.
Oggi, al gazebo allestito dinanzi al cancelli c’erano tutti i dipendenti, insieme a Sergio Busca (Uilm), Umberto Zilio (Fim), Franceso Campanati (Fiom): la tensione era alle stelle, la preoccupazione e la paura pure. Negli occhi di molti di loro, con i quali abbiamo parlato, il terrore per l’incertezza del futuro: “E’ incredibile – dicono – Non abbiamo mai fatto un’ora di cassintegrazione. E nel giro di un giorno ci dicono che ci manderanno a casa”.
Un’altra triste pagina che segna il tessuto economico novarese, già fortemente provato dopo la chiusura di un’altra storica azienda come la De Agostini.