La malattia, la diversità, la coercizione, la privazione della libertà sono temi che da sempre coinvolgono Alessandro Gassman, che ha deciso di portare in scena, come regista ed attore “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, reso immortale al cinema dalla magistrale interpretazione di Jack Nicholson, per la regia di Milos Forman, sull’adattamento scenico di Dale Wasserman.
Tratto dal romanzo di Ken Kesey del 1962, che fu scritto dall’autore dopo aver lavorato come volontario in un ospedale psichiatrico californiano. Attraverso gli occhi di uno sfacciato delinquente che si finge matto per sfuggire alla galera, Randle McMurphy, vengono raccontate la vita dei pazienti psichiatrici nei manicomi americani ed il trattamento coercitivo loro riservato. Oggi la drammaturgia di Wasserman torna in scena, rielaborata dallo scrittore Maurizio de Giovanni, che l’ha avvicinata a noi cronologicamente e geograficamente, senza stravolgere minimamente la potenza del testo originale. McMurphy diventa Dario Danise e la sua storia e dei suoi compagni è traslata nel 1982 nell’ Ospedale psichiatrico di Aversa.
L’allestimento di Alessandro Gassmann risulta personalissimo, elegante, contemporane e ne scaturisce uno spettacolo appassionato, divertente e commovente allo stesso tempo, con una fortissima carica emotiva che lo caratterizza dalla prima all’ultima scena.
La ribellione, la spavalderia, la sfacciataggine di Dario Danise, allergico ad ogni regola, porterà scompiglio e disordine nell’Ospedale, ma la sua carica di umanità contagerà gli altri pazienti e cercherà di risvegliare in loro il diritto ad esprimere liberamente le loro emozioni ed i loro desideri. Il ribelle anticonformista comprende subito la condizione di vita dei suoi compagni, vulnerabili e remissivi. Diverrà, così, il loro paladino di una una battaglia nei confronti di un sistema repressivo, ingiusto, dannoso e crudele. La stessa vita di Denise affronterà un percorso interiore che pur concludendosi drammaticamente, offrirà agli altri pazienti la possibilità di individuare quel qualcosa che continua ad essere loro negato e cioè il controllo della propria vita e la speranza di essere liberi.
Il testo risulta essere un grido di denuncia che scuote le coscienze e che non può non far riflettere sui metodi di costrizione imposti ad uomini da altri uomini, sui meccanismi repressivi della società e dell’ineluttabile rapporto tra individuo e Potere costituito.
L’allestimento di Gassmann si avvale anche di videografie che gli permettono di tradurre in immagini i sogni e le allucinazioni dei cosiddetti “diversi”.
Prodotto dal Teatro Bellini di Napoli, lo spettacolo si avvale dell’interpretazione, tra gli altri di Daniele Russo ed Elisabetta Valgoi e le musiche di Pivio e Aldo Descalzi, legati a Gassmann da anni di collaborazione ed una profonda osmosi collaborativa ed umana.
Lo spettacolo, in scena al Teatro Coccia sabato 29 ottobre alle 21 e domenica 30 alle 16, per la rassegna Prosa, non potrà che indurre il pubblico a riflettere, in particolare i giovani che forse poco conoscono il testo di Kesey e la realtà drammatica degli ex ospedali psichiatrici.
Manuela Peroni Assandri